giovedì 30 agosto 2012

La gardenia, finalmente.

Quando l'ho acquistata, un paio di anni fa, non pensavo fosse così difficile da coltivare. Nel 2008 o nel 2009 ne avevo comprato un esemplare più piccolo, in un vaso di 10 cm di diametro. Resistito un anno e mezzo. Nel frattempo ho preso anche quello che ho adesso, diametro del vaso circa 20 cm. Il primo anno di convivenza è stato un idillio: arrivata a casa mia in primavera, la gardenia (gardenia jasminoides) è fiorita in continuazione per quasi tutta l'estate. Poi, il primo inverno è filato liscio, la innaffiavo di frequente. Il cartellino che la accompagna dice infatti così: innaffiare frequentemente.
Panzana. Ho scoperto a mie spese che la gardenia beve tanto quanto è il sole che riceve. L'estate del 2011 ha prodotto pochissimi fiori, forse un paio. Poi ha manifestato sempre più i sintomi della clorosi ferrica. A gennaio 2012 la pianta era un rottame (vedi post di gennaio 2012 sui propositi per il nuovo anno).
Preoccupatissima, in primavera l'ho rinvasata. Le radici erano marcite in buona parte. Ho usato il terriccio per agrumi che avevo in casa (la gardenia è un'acidofila), ho sostituito il vaso di plastica con uno di terracotta. Ho posizionato la pianta in mezz'ombra, e l'ho innaffiata poco. Non mi sono preoccupata di somministrarle acqua deminerlizzata (come da consiglio di Renato Ronco nel suo libro "Il giardino delle regole infrante"); solo, una volta al mese, ho somministrato una manciata di lupini sminuzzati (sì, l'ho trattata come un limone...).
Nel giro di un mese, la cura ha funzionato: le foglie si sono ben rinverdite (anche se non sono ancora verdissime), e sono comparsi diversi boccioli. Quando mi sono accorta che la gardenia aveva di nuovo voglia di fiorire (e io non vedevo l'ora) l'ho ricollocata in pieno sole, e ho ripreso ad innaffiarla in abbondanza.


E oggi pomeriggio, al mio ritorno dal lavoro, ecco la sorpresa! il mio cuore era pieno di giubilo (non sto scherzando, i giardinieri, esperti o dilettanti, mi capiranno): davanti a me, dopo più di un anno, di nuovo quel fiore dalla forma elegante, quei petali robusti, il loro morbido bianco panna, un colore "tondo", quel profumo burroso... ah, odore di paradiso! l'ho respirato e goduto come se quel fiore l'avessi prodotto io!
Adesso piove, per la prima volta dopo un periodo di siccità allucinante: si aprirà anche qualche altro bocciolo prima che arrivi l'autunno? Lo spero tanto, sarebbe una gran bella consolazione prima che giungano i rigori dell'inverno e i grigiori delle nebbie.


Gardenia, ti meriti un'altra manciata di lupini.

lunedì 20 agosto 2012

Come essiccare i pomodori, e una ricetta.

Visto che le previsioni del tempo ci segnalano ancora qualche giorno di caldo torrido (una "novità", visto che fino ad adesso siamo stati tormentati da un caldo allucinante), vale la pena di approffittare di questo calore gratuito per essiccare i pomodori che il nostro orto ci sta regalando. E solo quelli, perchè mi rendo conto che dal titolo del post sembra che si essichi anche la ricetta ;-)
Le piante che avevo seminato a gennaio (vedi il post "Come seminare pomodori in una maniera da vergognarsi") e altre ancora stanno producendo in abbondanza. Mangiare tutto è quasi impossibile, sprecare è scandaloso. Allora, se anche voi avete pomodori everywhere che volete rinsecchire, prendete gli essiccatoi la cui costruzione ho spiegato a maggio nel post "Come costruire un essiccatoio". Raccogliete i pomodori -ben maturi, ma non marcescenti- che vi servono. Lavateli, tagliateli per il lungo. Se il pomodoro è grande, dividetelo a fette di spessore 1-1,5 cm. Non troppo spessi, nemmeno troppo sottili, altrimenti si appiccicano alla rete e sollevandoli si sbrindellano. Alcuni preferiscono essiccare i pomodori senza i semi: io invece li ho lasciati.
Distribuite i pomodori tagliati sui vassoi, a "panza in su"; cospargeteli di sale grosso (senza esagerare: per i pomodori più piccoli, tipo i ciliegini, bastano un paio di grani). Posizionate i vassoi in un posto molto soleggiato; se si annuvola o addirittura piove, ricordate di portare i vassoi al riparo. Anche l'umidità notturna può ostacolare l'essiccazione.
Ci vorranno alcuni giorni prima che i pomodori siano ben secchi, la tempistica varia a seconda dell'umidità dell'aria e delle ore di sole godute. Con questo caldo, due giorni di piena e lunga esposizione (7-8 ore a 35-40°) per un lato, e due giorni per l'altro (le fette di pomodoro vanno essiccate davanti e di dietro) dovrebbero essere sufficienti.
Una volta pronte, raccogliete le fette di pomodoro secche e riponetele in luogo fresco e asciutto, all'interno di un sacchetto di stoffa o di carta, o in un barattolo ben chiuso (per evitare che ammuffiscano). Se, una volta assaggiati, vi sembreranno riusciti bene, potreste utilizzarli questo Natale per fare un regalo ad amici e parenti, impacchettandoli in un bel sacchetto.


E ora una ricetta: cake ai pomodori secchi, capperi e origano.
Ingredienti per 4 persone: 100 g di pomodori secchi, 3 uova, 30 ml di olio extravergine d'oliva, 100 ml di latte, 200 g di farina, 16 g di lievito chimico non vanigliato, 100 g di Pecorino, 25 g di capperi, 5 g di origano, sale e pepe.

Sbattete le uova con l'olio e il latte, insaporendo con sale e pepe. Unite la farina e il lievito, poi il Pecorino grattugiato, i pomodori secchi, i capperi tritati grossolanamente e, per ultimo, l'origano. Riempite per tre quarti uno stampo imburrato e infarinato. Cuocete in forno a 180° per 35-40 minuti.
Questa ricetta è presa paro-paro dal libro: "Pomodoro, 50 ricette facili", Academia Barilla, Edizioni White Star srl, 2012 Vercelli. L'impaginazione è molto originale: tonda, a forma di... pomodoro.
P.s: il libro non lo dice, ma secondo me e vedendo la foto del piatto finito, anche i pomodori secchi vanno tritati come i capperi.

sabato 18 agosto 2012

Biancaneve e il cacciatore

Il film non è una novità: in Italia è arrivato l'11 luglio e ormai sta uscendo dalle programmazioni dei cinema. L'ho visto soltanto ieri, in sala eravamo in sei. Mi è piaciuto, nonostante abbia colto qualche difettuccio. La regia è di Rupert Sanders; la regina malvagia, Ravenna (!), è interpretata da una splendida Charlize Theron; Biancaneve è interpretata dalla giovane -e pallida- Kristen Stewart.
Fin dalle prime immagini mi ha molto colpito il rilievo dato alla natura nell'ambientazione delle scene più importanti del film.
La storia si apre sugli splendidi giardini coperti di neve del castello dove i genitori di Biancaneve vivono. La madre, passeggiando, nota un bocciolo di rosa rossa su un roseto spoglio, e si punge con una spina. Il giardino, ripreso dall'alto, ha forme geometriche regolari, con varie siepi di bosso accuratamente potate, alcune a palla, altre a cavatappi. Alcune gocce di sangue della donna cadono sulla soffice neve, il destino della bimba che porta in grembo è già segnato: bianca-come-la-neve, natura e magia realizzeranno le aspettative materne di bellezza e di rarità della figlia.
Nel procedere della storia, a metà tra la fedeltà alla favola e un'interpretazione della stessa in chiave fantasy, con uso di apprezzabili effetti speciali (bella l'idea dello Specchio della perfida regina tipo gong d'oro da cui esce fluidamente lo spirito che gli dà voce), Biancaneve, fuggita dal castello dove Ravenna la teneva prigioniera da anni, si perde nella Foresta Oscura: una foresta che serba pericoli ad ogni passo per chi la attraversa. Questa pericolosità è stata intelligentemente resa riempiendo il paesaggio boschivo di immagini di decomposizione e putridume, come nidi di scarafaggi, mucchi di vermi, funghi che emanano nubi tossiche di spore che ingannano i sensi dei malcapitati che li respirano. Ma poi si scoprirà che la foresta "sente le tue paure", tutto quell'orrore nasce dai travagli interiori di chi lo vede, dai suoi incubi più nascosti.
Dalla Foresta Nera, dopo un breve cambio di ambientazione sulle rive di un fiume, si passa al bosco delle Fate: secondo me meno affascinante, e un po' prevedibile, abitato da creature immaginarie che sanno di già visto (Avatar, Il Signore degli Anelli), costellato di folletti con giganteschi occhi azzurri e voli di farfalle leggiadre in ogni dove.
Come leit motiv, il film, diviso tra due figure femminili contrapposte, sceglie le ossessioni di eterna giovinezza e bellezza di Ravenna, cui fa da contrappunto il coraggio altruistico di Biancaneve novella Giovanna d'Arco. Se Ravenna, in diversi flash back, ricorda il suo passato fatto di delusioni amorose e totale sfiducia nei confronti del genere maschile, che vuole dominare col potere del suo fascino femminile, Biancaneve, pura e innocente, ha al suo fianco uomini fedeli disposti a morire pur di difenderla. Mentre le due eroine lottano fra di loro, il paesaggio riflette l'alternarsi delle loro fortune mutando da freddo e inospitale (la Foresta Oscura) a paradiso in terra (bosco delle Fate al mattino, in un'aurora dai contorni magici), a seconda di chi delle due è in "vantaggio".
Il film, nella seconda parte, scade un po' nella retorica, e certi episodi non si concludono (vedi la prima volta in cui il fratello di Ravenna, Finn, rischia di morire nella Foresta Oscura, ma poi ricompare sanissimo senza spiegarci che in qualche modo lo ha aiutato la sorella; alla fine del film, il numero dei nani non è giustificato in maniera evidente -non posso dire altro per non rovinare la sorpresa). La psicologia di Ravenna non è chiara: è cattiva per vendicarsi dei maschi, o per vendicare l'infelice sorte della madre che, con un incantesimo, l'ha resa così potente, o solo perchè il desiderio dell'eterna giovinezza le ha deviato la mente?
La favola, così come è stata interpretata, mi ha ricordato le tematiche di La morte ti fa bella e la Sharon Stone malvagia antagonista in Cat Woman (contro Halle Berry).
Il potere, per le donne dei nostri giorni, è ipotecato all'avvenenza delle loro detentrici: che sia uno specchio magico a ricordarglielo, o la rivista di gossip che spaparazza la loro cellulite quando se ne stanno in spiaggia, le donne sanno di avere ancora diverse battaglie da combattere contro i luoghi comuni che le bersagliano. 

martedì 14 agosto 2012

Un antico lavatoio trasformato in giardino

Ho poche foto e pure fatte male da mostrarvi, non potevo prevedere di trovare questo posticino e quindi non ero preparata. Domenica, in occasione della Festa del Ciclamino, sono stata al raduno di auto d'epoca organizzato a Breonio, nel comune di Fumane (si trova in provincia di Verona, in piena Valpolicella) con il mio macinino, una 126.
Gironzolando per il paesino di Breonio mentre attendevo che si desse il via alla "parata", in una viuzza mi sono imbattuta in una serie di lavatoi, ben conservati, addirittura trasformati in un giardino:


L'impianto idraulico è ancora funzionante, infatti le vasche sono piene di acqua in movimento che riflette la luce sulle pareti vicine.


Gerani dai colori vivaci risaltano sul colore chiaro dei marmi; le ortensie in fiore, distribuite generosamente un po' dappertutto, con il tripudio delle loro corolle si sposano in modo inaspettato con le superfici irregolari delle vasche. I miei complimenti a chi ha avuto l'idea di curare, restaurare e abbellire questi lavatoi.


Buon Ferragosto a tutti!

giovedì 9 agosto 2012

Limoni gemelli da seme


Il 3 agosto non c'erano. Mi riferisco a quei due cosettini verdi al centro del vasetto nella foto, mezzi mimetizzati con un sasso di argilla. Mio marito, che da quando mi ha conosciuto, lui, uomo di città, si è preso una passione folle per il mondo delle piante, ultimamente si sta "specializzando" in agrumi. L'anno scorso abbiamo comprato il limone. Era da un pezzo che mi tormentava con 'sta storia del limone. "Prendiamoci il limone"; "da noi muore di freddo!" ho rimbeccato.  "Gli facciamo la serra". E così è stato: preso il limone, fatta la serra. Quest'anno ha voluto l'arancio. Dopodichè, ha comprato un paio di manualetti sull'argomento, che tiene sul comodino in camera e sfoglia prima di andare a letto.
Non si ricorda più nemmeno lui da dove, forse da un limone, ha estratto, un mese fa, un semino. Lo ha ficcato in un vasetto col terriccio per agrumi, comprato per rinvasare l'arancio (vedi post di giugno). "Innaffialo" mi ha ordinato. Ogni tanto mi sono ricordata di farlo, mio marito invece col lavoro non se lo ricorda quasi mai.
Per questo sono sicura di poter dire: il 3 agosto, queste piantine nel vasetto non c'erano. Eh sì, ero passata con l'innaffiatoio e ci avevo versato un po' di acqua pensando "E' sprecata, non nasce niente". La mattina dopo, questi due -probabili- limoncini sono spuntati per farmi dispetto.
Per primo li ha scoperti mio marito, ovviamente, nel pomeriggio. Esultante, mi ha sventolato il vasetto sotto il naso, gridando "Visto? sono nati!" e mi ha spiegato: "Sono gemelli, il manuale diceva infatti che a volte, dallo stesso seme, ne possono nascere due (poliembrionia)".
Capito? Adesso c'ho pure i limoni gemelli.

Di solito, la propagazione da seme del limone non si fa. Le piantine che nascono, tardano parecchio ad entrare in produzione, possono avere molte spine, hanno radici sensibili agli attacchi fungini e non resistono al freddo. In compenso, resistono ai virus e sono ottime come portainnesto. Vedremo cosa faremo di queste due e che caratteristiche mostreranno di avere.

domenica 5 agosto 2012

I colori dell'orto in agosto

Stanno maturando i piccoli frutti e i peperoncini. La gamma di colori che li accompagna nelle fasi di maturazione è varia e sorprendente.
Violetto acceso per il mirtillo americano; dal verdino al rosso al viola-nero per le more:


I peperoncini a sigaretta passano dal verde chiaro all'arancione al rosso. Uno l'ho scovato arrotolato saldamente al fusto della sua pianta, quasi aggrappato: avrà paura di cadere?


Ma la palma d'oro per varietà di colori va ai peperoncini tondi piccanti multicolore (varietà "Chiara"): dal bianco al viola al giallino all'arancio al rosso. Fantastici e decorativi come un mazzo di fiori. Farò testare a qualche cavia in famiglia il loro sapore: se sarà all'altezza dell'aspetto, sarà FIAMMEGGIANTE!