sabato 27 settembre 2014

Il giardino di villa d'Este a Tivoli

Una piccola gita effettuata la prima settimana di settembre, in una giornata soleggiata e senza troppa calca di turisti intorno.

Una delle scalinate che scendono dalla villa e portano al vialone


La fontana dell'Ovato. Uno stile che anticipa il barocco. Architettonicamente, unisce il fascino rupestre delle rocce che la circondano ai rimandi della mitologia greca rappresentati da una statuta di Apollo, che sovrasta la struttura.

Villa d'Este si lega al nome di Ippolito II d'Este (1509-1574), figlio di Alfonso I d'Este e Lucrezia Borgia. Deluso per la mancata elezione a papa, Ippolito II, uomo dissoluto e amante della bella vita, decise di "consolarsi" costruendo villa e parco sulle rovine di un antico sito romano, non distante da quello dell'imponente villa Adriana. La trionfale inaugurazione della villa fu celebrata nel settembre del 1572, con la visita di papa Gregorio XIII; il cardinale Ippolito se la godette per poco, poichè morì un paio d'anni dopo, il 2 dicembre 1574.

La celebre fontana dell'Organo

Le vasche delle peschiere riflettono l'azzurro del cielo.


I lavori di costruzione durarono a lungo e incontrarono numerosi problemi, soprattutto a livello burocratico (succedeva già allora...). Ippolito però non si perse d'animo, riuscì a completare il suo progetto e, grazie alla realizzazione della villa, che dette lustro alla cittadina di Tivoli, venne nominato governatore a vita della stessa.


Uno dei cipressi secolari del giardino. Alcuni hanno rami che, a causa dell'età e del peso, cedono a terra, e devono essere sorretti da apposite "grucce" perchè non si rompano.

Uno angolo del giardino arricchito dalle fioriture tardoestive di anemoni giapponesi.




Villa d'Este è caratterizzata dalla presenza di innumerevoli fontane, di mille fogge diverse, per lo più a carattere mitologico. Zampilli scaturiscono da ogni dove, e creano oasi di freschezza dalla calura dell'estate. La fontana più famosa è quella dell'Organo: a orari predefiniti, l'organetto si apre e comincia a suonare, grazie a un meccanismo (di recente restaurato) movimentato dal solo passaggio dell'acqua. Non illudetevi, quando l'organo viene messo in azione, non si vedono zampilli alzarsi a ritmo di musica: lo "spettacolo" consiste semplicemente nel sentirlo suonare. Il fenomeno aveva di molto impressionato però i contemporanei di Rinaldo d'Este (1641-1672), che ne fece realizzare il congegno a Claudio Venard.


I limoni in vaso sui bordi delle vasche delle peschiere. Sono di diverse varietà, tra cui alcune con frutti variegati.


La fontana della Civetta: anche questa fontana possedeva un meccanismo, di recente restaurato, che faceva "cinguettare" gli uccellini e la civetta di metallo che la adornavano.



L'ultimo proprietario privato della villa fu l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-d'Este, che cercò di venderla per una cifra enorme allo Stato italiano. La Storia però intervenne per lui diversamente: come è noto, l'arciduca fu assassinato a Sarajevo il 28 giugno 1914, liberando i ministri italiani dall'imbarazzante questione dell'acquisto, ma scatenando la sanguinosa Grande Guerra.   
Finita la prima Guerra Mondiale, la villa passò allo Stato Italiano e venne restaurata per l'apertura al pubblico.





Una piccola imbarcazione nel belvedere della Rometta.

Il viale delle Cento Fontane ha fatto da sfondo a numerosi film.



Il giardino è opera di Pirro Ligorio, che lo progettò accordando sapientemente tra loro terrazze e pendii del terreno, imponendo un asse longitudinale centrale e cinque assi trasversali principali, sulla base di uno schema architettonico tipico delle città romane.
Vecchie mura urbane furono riutilizzate come contrafforti per reggere il terrapieno sotto il quale si estende il giardino, e l'approvvigionamento dell'acqua per le fontane, calcolato in quantità precise, fu ottenuto grazie a un articolato sistema idraulico scavato sotto la città di Tivoli per attingere dall'Aniene. Le fontane funzionavano (e funzionano tuttora) senza l'aiuto di alcun congegno meccanico: gli zampilli scaturiscono grazie alla naturale pressione dell'acqua.
Da Wikipedia ricavo alcuni numeri di villa d'Este: "250 zampilli, 60 polle d’acqua, 255 cascate, 100 vasche, 50 fontane, 150 piante secolari ad alto fusto, 15.000 piante ed alberi ornamentali perenni, 9.000 m2 di viali, vialetti e rampe".

Uno zampillo si apre a ventaglio su una vegetazione di felci.



venerdì 19 settembre 2014

I giardini di Ninfa

Un piccolo sogno finalmente realizzato, e che cullavo da qualche anno: una passeggiata nel giardino dell'antica cittadina di Ninfa. Siamo a Cisterna di Latina, nel Lazio.

Ninfa era una città medievale, esistita solo per un relativamente breve lasso di tempo. Annessa allo Stato Pontificio nell'VIII secolo, durante il XII secolo fu ceduta alla famiglia Frangipane, ma, a causa delle rivalità tra i due papi dell'epoca, Alessandro III e Vittore IV, venne distrutta da Federico Barbarossa. Dopo un periodo di oscurità, Ninfa conobbe una nuova fase di prosperità durante il XIV secolo. Le mura furono ricostruite, fu ampliato il palazzo comunale e sorsero numerose botteghe commerciali. Il perimetro di Ninfa era occupato da tantissime chiese, che servivano a proteggere il paese dalle incursioni nemiche: invadere una chiesa, infatti, significava sfidare il Papa. Dopo varie vicende politiche, nel corso del Trecento le lotte papali e nobiliari portarono alla distruzione della città, che successivamente, complici alluvioni, malaria, indifferenza dei nobili, si spopolò fino a ridursi a un cumulo di ruderi abbandonati.
I ruscelli di irrigazione, tracciati nel Novecento per irrorare i giardini.




Agli inizi del Novecento, un lungimirante Gelasio Caetani ne entrò in possesso e decise di ridare vita a Ninfa. Fece ristrutturare le mura delle antiche costruzioni, in particolare la torre e il municipio; i suoi successori, il figlio Roffredo Caetani, la moglie Marguerite e la loro figlia Lelia ne fecero un giardino in stile inglese, dall'atmosfera romanticamente decadente. Alla morte di Lelia Caetani, il giardinovenne lasciato ad una fondazione, la stessa che tutt'oggi lo ha in cura.





Nel 2000 Ninfa è stata dichiarata "monumento naturalistico". The New York Times lo ha definito come "il giardino più bello del mondo".



Anche la seconda guerra mondiale ha lasciato traccia della sua crudeltà: un carro armato sfondò la porta d'ingresso della chiesa per andare a sprofondare nella cripta sotto l'altare. Del carro armato non rimane nulla a seguito della rimozione, ma il portone d'ingresso è stato lasciato squarciato. Cripta e altare sono perduti irrimediabilmente.
La guida ci parla del portone sfondato della chiesa di Santa Maria Maggiore.

Gli affreschi superstiti nell'abside della chiesa di Santa Maria Maggiore.

I giardini di Ninfa sono visitabili solo alcuni giorni l'anno, per presevarne il delicato equilibrio. Isola felice, paradiso di piante locali ed esotiche, il terreno, riportato, nè alcalino nè acido, l'acqua abbondante e cristallina, l'aria pura, la protezione dal freddo offerta dai monti circostanti, hanno regalato a questo luogo una incredibile fertilità. Il fattore di crescita delle piante di Ninfa è 3: significa che crescono e si sviluppano tre volte di più che in altri posti.

Tillandsie coltivate sui tronchi degli alberi, come sciarpette.




Per chi viene da lontano e con mezzi pubblici, recarvisi è una piccola avventura. Se scendete col treno alla stazione di Cisterna di Latina, informandovi anticipatamente sugli orari, da lì potrete usufruire, nei giorni di apertura ufficiale, del servizio navetta fino al giardino. Se scendete a Latina Scalo, dovrete invece chiamare un taxi per farvi portare a mèta. Il taxi da Latina Scalo costa una quindicina di euro, da Cisterna quasi il doppio. Attenti a chi vi offre un servizio di passaggio "in macchina" (non dicono "taxi") nel piazzale davanti alle stazioni: si tratta di tassisti abusivi. Chiamate al telefono quelli regolarmente autorizzati, pattuendo subito il costo della corsa: costano un pochino di più, ma non avrete sulla coscienza un ulteriore contributo all'evasione fiscale che affligge l'Italia da anni.
Il suggestivo ponte del macello. La luce accarezza questi scorci con una dolcezza che non ho mai notato altrove.

Forse perchè non li ho visti in una delle stagioni più fortunate, li ho molto apprezzati, ma non so dire se superano il ricordo che ho della splendida villa del Balbianello, di cui mi sono innamorata nove anni fa. Facciamo un pari merito...
Il ponte del macello e altre rovine su fiume Ninfa.

...villa del Balbianello, giardini di Ninfa, non so decidermi... dovrò rivisitare entrambi per schiarirmi le idee... ;-)

Gunnere sul fiume Ninfa.
Su Youtube sono visibili diversi filmati e documentari a proposito di questi giardini. Ne ha girato uno anche Monty Don, presentatore innamorato perso di Ninfa. Ci sono delle riprese primaverili, e mi pare di intuire che anche in primavera a Ninfa prevalgono le sfumature e le luci del verde, in quanto le fioriture sono sì importanti, ma non troppo appariscenti.
Conclusa la visita dei giardini, è possibile soffermarsi, senza limiti di tempo, ma pagando un piccolo biglietto di ingresso, in un orto di impianto medievale che sta nei dipressi. L'orto, dal disegno geometrico, contiene un agrumeto, una fontana, dei laghetti con bizzosissimi cigni, un boschetto di bambù (un... bambueto?).

Vasca con meridiana, al centro dell'orto.



Se volete conoscere meglio la storia di questo posto stupendo, consultate il suo sito. Vi troverete tutte le informazioni nel caso decideste di farci una capatina anche voi. Ottimo il periodo di maggio-giugno, ma intasato di turisti. Il percorso, guidato da persone giovani e preparate, dura un'oretta, e si effettua anche se piove.

venerdì 5 settembre 2014

Svelato il mistero del peperoncino spinoso

Qualche post fa, mi stupivo della presenza nel mio giardino di una pianta spinosissima, con fiori da solanacea. Sicura che fosse nata da una delle semine primaverili, non avevo però il conforto del nome sul cartellino, scolorito dal sole e dalla pioggia. Mi ero convinta che fosse un Habanero Chocolate, ma le foto della pianta di Habanero su Google non mostravano presenza di spine.


Finalmente mi decido a controllare meglio le bustine dei semi messi in terra ad aprile. Toh cosa trovo:


Non me la ricordavo!!! Che scema, bastava poco per verificare. Per fortuna non butto mai via le bustine, anche se le vuoto. Questa non mi ricordo da dove è saltata fuori: è scritta in tedesco. Un acquisto LIDL? Non credo, deve essere un regalo di qualche amica tedesca di mia mamma.
Poco importa. Il Solanum mandarina (Solanum aethiopicum) ha fruttificato, e qualcosa ho già raccolto. In mezzo alle spine: anche i piccioli dei frutti ne sono provvisti! Carognette!

Così questa pianta è descritta su Wikipedia: "La melanzana rossa (Solanum aethiopicum L.) è una pianta d'aspetto simile alla melanzana (Solanum melongena L.) per portamento ma il suo frutto arrotondato si colora di rosso intenso come un pomodoro (Solanum lycopersicum L.), tanto da essere scambiata per quest'ultimo. La colorazione rossa è data dall'aumento del contenuto di carotene durante la maturazione della bacca. Viene coltivata essenzialmente in Africa e in Asia tropicale. Il clima ottimale per la melanzana rossa è un clima caldo e asciutto, come quello della savana africana."
Sì, è vero, avevamo pensato alla melanzana. Non vi avevo detto invece che io abito nella savana veneta. L'avrete studiata alle medie, suppongo.

"La melanzana rossa è coltivata in Italia in alcune aziende del comune di Rotonda in Basilicata, nel Massiccio del Pollino nella Valle del Mercure e in Campania in provincia di Salerno. Probabilmente venne importata in Italia dai reduci delle guerre coloniali della fine del XIX secolo. In passato ha rischiato di estinguersi, ma la valorizzazione avvenuta grazie ad operatori turistici, agricoltori ed alcuni enti istituzionali che ne hanno promosso il consumo e la coltivazione, ha portato al riconoscimento come Presidio Slow Food e alla proposta per il riconoscimento del marchio DOP, avvenuto nel 2007. Attualmente in Italia è commercializzata e conosciuta come melanzana rossa di Rotonda o melanzana a pomodoro (dal nome lucano merlingiana a pummadora).
I frutti della melanzana rossa vengono consumati sia crudi che cotti, e anche le foglie vengono consumate in modo simile agli spinaci. Le foglie sono più nutrienti dei frutti. I frutti possono avere un gusto più o meno amaro in relazione al contenuto in saponine. In Asia la pianta viene utilizzata a scopo ornamentale."
Ma le foglie si mangiano con le spine?!?

Bene, ora conosco una pianta in più!