giovedì 21 giugno 2012

Un anno di limone e il rinvaso di un piccolo arancio.

Proprio un anno fa avevamo comprato una pianta di limone, la nostra prima (avevo scritto un post per l'occasione). Dopo un inverno in serra, in marzo aveva già ripreso le fioriture, per fermarsi quindici giorni a maggio e riprendere coi fiori a giugno, ma in modo meno vistoso. Adesso sorregge nove frutti grandi e quasi maturi, più una serie di altri frutti e frutticini in via di sviluppo. I frutticini, come in tutte le piante da frutto, non resisteranno tutti, la pianta terrà solo i più forti, sulla base delle proprie forze e possibilità di nutrimento.
Per festeggiare l'anniversario, ora che abbiamo un po' imparato le tecniche di coltivazione di un agrume, un paio di settimane fa con mio marito abbiamo acquistato un piccolo arancio Washington:


Su consiglio del vivaista venditore, una volta portata a casa la pianta le abbiamo cambiato il vaso per uno più capiente. Col caldo impetuoso di questi giorni, sarebbe stato più difficile, con un recipiente di ridotte dimensioni, controllare il giusto apporto di acqua, che deve essere sufficiente ma non eccessivo. Sul fondo del nuovo contenitore abbiamo disposto tre centimetri di pozzolana, poi un paio di centimetri di terriccio per agrumi e infine abbiamo collocato l'arancio.


Riempito lo spazio vuoto con altro terriccio, l'arancio è pronto. Lo abbiamo collocato subito in un posto ben assolato in giardino.


Come facciamo col limone, in estate annaffieremo l'arancio una volta ogni due giorni in modo abbondante (se fa un caldo normale, questa settimana tutti i giorni perchè le temperature sono clamorose). Non usiamo sottovasi per evitare ristagni. Somministreremo una manciata di lupini macinati al mese, e in primavera un concime specifico.
Pronto per la prima estate a casa nostra!


lunedì 18 giugno 2012

Tra terra e mare, in bici a Jesolo.

Jesolo e il lido di Jesolo sono un'ottima meta per passare un fine settimana o più giorni con la famiglia al mare. Ma sarebbe riduttivo parlare di queste località solo come stazioni balneari: posizionate tra il mare aperto e le "palude" veneziane, nel più prossimo entroterra offrono dei bellissimi paesaggi da visitare e scoprire in imbarcazione e in bici.
Io ho "collaudato" questo secondo mezzo di trasporto: decisi inizialmente a passare un fine settimana a Chioggia, con mio marito abbiamo poi optato per un week end a Jesolo con le nostre "due ruote". Frequentando alcuni siti internet, come http://www.veneto.to/, oppure http://www.jesolo.it/, abbiamo infatti scoperto che questa cittadina è snodo di un gomitolo di piste ciclabili molto interessanti.
La scelta è caduta su Jesolo perchè non ci costringeva a prendere, tra un tratto stradale e l'altro, il vaporetto, cosa che la ciclabilissima Chioggia invece ci avrebbe imposto con notevole dispendio di soldini e di tempo. Però Chioggia rimane ancora nei miei prossimi sogni gitaioli.
All'ufficio del turismo di Jesolo abbiamo prenotato al volo un hotel (ne abbiamo espressamente chiesto uno con garage per custodire i nostri mezzi), e gli operatori ci hanno fornito una mappetta (ma dispongono anche di guide dettagliate) che semplifica i principali percorsi ciclabili della zona. Se ne contano in particolare sei, di lunghezza compresa tra i 15 e i 30 km, di bassa difficoltà (rarissime le salite e le discese, mai a picco). Sono ognuna contraddistinta da un colore, che viene ripreso dalle indicazioni disposte lungo il percorso (mini polemica: qualche cartello in più lungo la strada, come poi abbiamo scoperto, non sarebbe stato sprecato).
Le sei piste partono tutte dal centro del paese di Jesolo o del lido di Jesolo, e attraversano paesaggi che si spingono lungo le sponde del fiume Sile e del Piave, tra le Valli da Pesca, nei dintorni di Eraclea e nel cuore di Cortellazzo. A chi darà un'occhiata alla mappetta sul sito di Jesolo, faccio sapere che noi abbiamo percorso, dal centro del lido di Jesolo, metà del percorso giallo; tagliando (sulla mappa il passaggio è indicato con una linea tratteggiata) per via A. Frank, ci siamo infilati sulla ciclabile arancione che costeggia il Sile (le foto del post sono state scattate lungo questo tragitto). Gran parte della strada è sterrata, al ritorno praticamente scompare su una stradina di campagna fitta di erba. Lo abbiamo accorciato passando da via Equilio. Ma che avventura! Fondamentale portarsi dietro litri e litri di acqua (nessun bar per kilometri, la prima fontanella si trova quando si passa per il paese nei pressi del municipio). Raccomandati cappelli o caschetti di protezione da ciclista, creme per protezione solare, gambette allenate a pedalate di discreta lunghezza.
Ponti e pontili, barche, fagiani, cigni, gabbiani appoggiati ai pali del telefono che osservano incuriositi i turisti di passaggio e gracidio di ranocchie. Nessuna zanzara, scarso o inesistente traffico, solo il rumore delle vostre bici e le chiacchierate che avrete il tempo di fare: relax a profusione. La folla, anzi, il carnaio delle spiagge vi sembrerà lontano anni luce, mentre viaggerete aggrappati al manubrio e ammirando in lontananza l'orizzonte marino di Venezia. Personalmente, conserverò un ricordo straordinario di quello che qui ho visto. Caldamente consigliato a chi ama la natura!


sabato 9 giugno 2012

Erba madre: ricerche in corso.


Almeno in provincia di Verona, non so se anche altrove, è conosciuta con questo nome: erba madre. Scientificamente, credo che si tratti del chrysanthemum parthenium, o tanacetum parthenium. Ho condotto un po' di indagini su internet e sui miei manuali, ma non è stato facile fare un po' di chiarezza sul suo vero nome latino. Addirittura, su certi blog e forum, l'ho vista confondere con "l'erba amara", con cui mi sembra sia invece da indicare l'assenzio (che è un'artemisia ed effettivamente ha un gusto amaro). Ad ogni modo, se vi sembra di vedere imprecisioni in questo post, fatemelo sapere, sto ancora approfondendo le mie conoscenze in merito.
L'erba madre è una pianta dal bel fogliame che in questo periodo fiorisce, producendo corolle che assomigliano ai fiori di camomilla: e in realtà di camomilla si tratta, o meglio, di una delle due camomille. La camomilla che conosciamo tutti, di cui si usano i fiori in infusione, è una sua parente, la matricaria chamomilla. Sono entrambe asteraceae. Ma dell'erba madre non si usano i capolini florali, bensì le foglie, verdi scure, che hanno un delicato, magnifico profumo di... camomilla, pensate un po'.
Nella foto seguente, una piccola matricaria chamomilla. Le sue foglie, come potete vedere, sono ben diverse da quelle dell'erba madre:


Questo nome: erba madre. Molto probabilmente, le sarà stato dato per storpiatura e confondendola con la matricaria. La vera matricaria si chiama così ovviamente dal latino mater perchè utilizzata per lenire in passato i dolori mestruali, un'erba per le donne.
L'erba madre cresce spontanea in campagna, ma nelle zone più vicine a casa mia non l'ho mai vista. Me ne ha regalato un vasetto una zia. Messa a dimora l'anno scorso in orto, dopo un paio di stagioni (compreso un inverno) passate in vaso (dove può stare benissimo), ora è cresciuta con un bel cespuglio. Non è grande come l'assenzio, e adesso c'ha pure un'infestazione di afidi neri. Ma in giro per le altre aiole stanno nascendo un sacco di "erbe madroline", per cui vedo che questa specie in quanto a riproduzione sa arrangiarsi bene. Posso numerarvi i tanti nomi di piante aromatiche che si riproducono da sole e che cercano in continuazione di invadermi tutto l'orto: melissa, assenzio, pimpinella, rucola, erba madre...  molte piantine le ho raccolte in vaso e le regalerò qua e là agli amici.


Un consiglio: sul blog Papille vagabonde, Gunther ha da poco pubblicato un interessantissimo post che si occupa della camomilla come pianta antidolorifica, e fa una bella descrizione, chiara e accurata, della matricaria e degli altri tipi di camomilla.