venerdì 29 marzo 2013

Sono nati!!!

Eccoli qua, i figli di Mimì, la mia gatta:


Sono nati stanotte, mentre io e Manu dormivamo profondamente.
L'altra sera, Mimì aveva manifestato i primi segni del parto imminente (una perdita). Cercava la nostra compagnia, le siamo stati vicini fino all'una di notte. Convinti che partorisse a momenti, per essere con lei, in soggiorno, dove la lasciamo di notte, abbiamo dormito sul divano. Non vi dico la nottata. Io ho passato la giornata di ieri cascando dal sonno in ufficio, Manu era tutto incriccato.


Tutto il pomeriggio di ieri, Mimì è stata affettuosissima e ha continuato a fare le fusa. La sera, a mezzanotte, visto che non dava segni di voler "scodellare", siamo andati a dormire stecchiti. Così ci siamo persi l'evento.
Stamattina sono entrata in soggiorno, ma Mimì non dormiva come il solito sul divano. Era nello scatolone che le avevo preparato un mese fa, in un angolo, riempito con un vecchio asciugamano. Lei sembrava non filarselo minimamente, e invece...


...ha partorito proprio lì. Ora allatta estasiata i suoi quattro cosetti: uno tutto bianco, uno tutto nero, uno tutto grigio, uno bianco e nero. Sapevamo di un padre bianco e nero, ma fino ad oggi ignoravamo che un altro fosse un gattone nerissimo e gigantesco (da noi soprannominato "la pantera") che si aggira spesso per i campi qui intorno. Stamattina, senza sapere dei micetti, mio padre lo aveva visto nei pressi di casa, e aveva capito che qualcosa doveva essere successo o stava per succedere. Benchè si creda che i maschi dei gatti non si curino della prole, ciò non è del tutto vero. Nel periodo del parto della femmina, fanno una capatina nella zona per controllare che sia tutto tranquillo. Come facciano a sapere quando l'evento è in atto, non lo so.


Ed è con queste immagini dolcissime che auguro a tutti voi una BUONA PASQUA! Io la mia bella sorpresa l'ho già avuta!

martedì 26 marzo 2013

E l'elleboro fiorisce. In vaso!

Avevo scritto di recente un post un po' demoralizzato sullo stato vegetativo del mio primo elleboro. Sopravvissuto alle mie cure inesperte, vivicchiava in un vasetto di terracotta, emettendo nuove foglie molto lentamente.
Dal germoglio che si poteva intravedere a gennaio, però, non si sono sviluppate solo foglie, ma anche fiori.


Se ne sono venuti fuori dal bordo del vaso quasi strisciando, come fossero pesanti, o lo stelo fosse poco elastico:


Bellissimi, forti, come è tipico di questa specie -quando si decide a farli- e di un bel colore intenso e pieno che non aveva nemmeno quando lo avevo comprato. La mia consolazione in questi lunghissimi giorni di pioggia. Wow:


Con tutta l'acqua che scende, non sono ancora riuscita a fargli una foto migliore.
A proposito, la settimana scorsa si è aggiunto un nuovo esemplare al mio giardino: helleborus "Silver Dollar". Il fiore è bianco-verde, non particolarmente attrattivo, perchè il punto notevole della pianta è il fogliame, decorativo, di color verde-argento e con i bordi seghettati.


Credo che, terminate le fioriture, per entrambi i miei ellebori cercherò un posto in piena terra, forse nell'orto ai piedi dell'albero di cachi. Avranno ombra d'estate e luce d'inverno.

domenica 17 marzo 2013

Come da Tiffany

Per me, andar per vivai è un po' quello che Miss Golightly pensava fosse stare davanti alle vetrine di Tiffany: ritrovarmi circondata di belle cose, ma soprattutto stare in un posto in cui "nessuno possa farmi del male", e dove l'esistenza segue delle regole precise che sono uguali per tutti. In vivaio, scegli le piante che più ti si confanno, loro vivono, muoiono o crescono in base alle tue capacità e alle tue attenzioni, e non in base a criteri discriminatori incomprensibili, come la simpatia personale o stupidi pregiudizi sociali. Il mio pensiero nasce dalle esperienze che ho maturato al lavoro, o in altre situazioni della vita, quando la meritocrazia e il rispetto spesso vengono meno, e non si sa davvero perchè. In giardino, invece, sei tu e la natura, senza doppiezze e senza trucchetti.


Stamattina ho visitato un noto vivaio di erbacee perenni del trevigiano, che ieri e oggi ha organizzato una "due giorni" dedicata alle violette, nello specifico alle viole mammole.
Da quelle semplici e rustiche, derivate dalla viola odorata, a quelle doppie, nate per ibridazione, molte erano le varietà esposte, alcune di aspetto a dir poco curioso (il guanto nelle foto che seguono è mio):

viola "King of Violets"
la celebre "Conte di Brazzà", dal nome del nobile che la ottenne dall'incrocio di una doppia blu-viola con una bianca spontanea
viola cornuta "Columbine"
viola hybrida "Molly Sanderson", di colore nero
Le violette mi hanno sempre dato un'impressione di delicatezza e di inafferrabilità, essendo piante che si presentano spontaneamente negli angoli più freschi dei nostri giardini, ma non su invito, solo quando lo "decidono" loro, e vi restano se non le disturbiamo.
Vederle "in mostra" in così tante forme mi ha confermato la mia idea: sono piante sensibili ma di nobile tempra. Ne ho acquistato una dal fiore di un dolcissimo color rosa, viola odorata "Nora Church", e una dal fogliame scuro e minuto, la viola labradorica purpurea. Troverò loro un angolino speciale in giardino, forse in una ciotola, spero che vorranno pregiarmi della loro permanenza negli anni futuri!
Apro una parentesi colturale in merito: le viole mammole temono il caldo e la troppa umidità. Quelle a fiore semplice sono più rustiche, quelle doppie temono il freddo e le gelate sotto lo 0°. Se non si dispone di un angolo riparato in giardino, vanno tenute in vaso per essere portate al riparo d'inverno. Usate terreno fresco e drenato, e un vaso largo ma profondo anche solo 20 cm.
Mentre indugiavo tra i banchi di esposizione del vivaio, ho sentito alle mie spalle un chiacchiericcio in cui ricorreva la parola "torta". Subito ho pensato a qualcosa di organizzato dai vivaisti per i loro amici più intimi. Invece mi sbagliavo: presso un piccolo gazebo a lato del vivaio, è stata tagliata una torta aromatizzata alle viole, servita a tutti i presenti.

il taglio della torta

al centro della foto Pier Luigi Priola, proprietario dell'omonimo vivaio

Mentre scattavo le foto, pensavo: proprio una colazione da Tiffany!
***
Questo invece è il "carrello della spesa" risultato dalle mie scorribande vivaistiche (in compagnia e col contributo però di mamma, marito e suocera):


Di tutto e di più. Io non ho resistito a un altro paio di papaver orientale, di cui in ottobre avevo già acquistato due esemplari. Con le "suocere", abbiamo fatto incetta di lupini, piante aromatiche, heuchera, geum, erbacee dal fogliame variamente colorato, ellebori...
Differentemente da Tiffany, acquistando un paio di piantine, un pezzetto di vivaio ce lo si può portare a casa per goderselo tutto l'anno (e spendendo mooolto di meno)!

lunedì 11 marzo 2013

Talee di gardenia

Vista la bella giornata di domenica, mi sono sbizzarrita -come non c'è dubbio che abbiano fatto molti di voi- tra orto e giardino, e ho pulito la serra. Come sapete, la mia serra del sottoscala esterno è lunga tre metri ma larga solo uno (copre il marciapiede). Dove è più basso, ho stipato le piante grasse. A metà serra, c'è il vaso di limone, che occupa tutto il metro di larghezza, e non mi permette di raggiungere le piante grasse. Ma le ho messe in fondo apposta, perchè comunque per tutto l'inverno non le innaffio. E poi, vicino alla porta, altri vasi e vasetti.
Spostandone qualcuno, ho trovato, dimenticati da sei mesi, due vasetti insacchettati che contengono le talee di gardenia che ho fatto a settembre. Oh là là ho pensato, li ho presi, dalla trasparenza del sacchetto ho notato delle sagomette verdi, e subito ho aperto perchè il sospetto è...


...che siano attecchite!
Lo dico sottovoce perchè la cosa è ancora agli inizi, ma... sarebbe fantastico! Se non altro, sembrano ancora in buone condizioni.
Avevo già provato con delle altre in agosto: una di gardenia, che è andata subito a farsi friggere, un paio di ortensia, che hanno fatto sperare inizialmente ma poi sono state rovinate da un fungo, e diverse di clematide, che però si sono mezze "bruciate" quando ho aperto, troppo presto evidentemente, il coperchio della mini serra in cui stavano.
Questa è la difficoltà del far talee: farle radicare è un processo lungo e delicato, ma non impossibile. Il bello viene quando si deve portare la piantina a contatto con l'aria esterna, una volta attecchita, e se è troppo presto o il passaggio non viene effettuato per gradi, i nuovi germogli avvizziscono, e la talea non regge e si ammala.
Adesso le talee di gardenia, sopravvissute per conto loro tutto l'inverno (il che per me ha dell'incredibile) in una serra non riscaldata, supportate dal microclima del loro sacchetto, sono sempre in serra, ma a sacchetto aperto, perchè si abituino all'aria esterna. Spero di aver colto il momento giusto. Il terriccio mostra una leggera patina verdastra, segno che si stava formando il muschio per mancanza di traspirazione.
Incrocio le dita.
Appena ho tempo e le condizioni climatiche lo permetteranno, ho già deciso che tenterò con nuove talee di ortensia, altre di gardenia, clematide e forse anche camelia. Moltiplicare in questo modo le piante è di certo un ottimo spunto per una garden review come si deve. Serve pazienza, ma quando una talea riesce dà delle soddisfazioni enormi, e dimostra quanto ci siamo avvicinati alla sensibilità delle piante che trattiamo, intuendone le necessità.

Le piante grasse in fondo alla serra sono visibili solo dall'esterno. Osservandole attraverso il pvc trasparente, ho notato che una crassula obliqua è fiorita (ho cerchiato in rosso il fiore, due corolline bianche, ma non si vede neanche il cerchio).


Cavoletto, in più di dieci anni che la coltivo non era mai successo, e ora faccio fatica a fotografarla!

domenica 10 marzo 2013

Femmine che si organizzano

Ore 10.00 del mattino, ci sono due croccantini per terra, usciti ieri sera dalla ciotola della gatta. La sottoscritta, per pigrizia, non ha ancora pulito. La gatta non li mangia. E per una femmina che non pulisce, è a qualcun'altra che tocca subentrare nei lavori.
Questa "qualcun'altra" è un'intera squadra di piccole femmine, affiatatissime, che con la primavera tornano a farsi vedere per casa:


Decidono di portare il cino alla tana, ma le aspetta un lavoraccio: il primo croccantino è pesante, il secondo ancora peggio. Le formiche più grandi sono anche le più esperte. Mentre le piccole bazzicano intorno al bottino, quelle grosse danno gli strattoni più determinanti, sicure della direzione da prendere. E a forza di dài, trascinano il cibo dove stabilito. Testardamente, non ammettono fallimenti.


Ooooh issa!


Diario di bordo: "Ore 10.30, il primo croccantino ha doppiato l'angolo".


"Quaranta centimetri ci separano dal buco nel muro che conduce alla tana. Si passa sotto il termosifone, spento".


"Ore 11.00: mentre l'umana che non pulisce per terra ci sta a guardare senza aiutarci, noi passiamo sotto il termosifone col primo croccantino. Ci inerpichiamo sul battiscopa, ma non scegliamo il percorso più breve verso la fessura: facciamo cinque centimetri in più, ci disponiamo da un lato e dall'altro del croccantino e saliamo facendo leva su entrambe le pareti che formano l'angolo del muro. Ci siamo quasi".


"Nooo! Il croccantino ci sfugge, e cade a terra. Ricominciamo daccapo".


"Eccoci mentre saliamo di nuovo  il battiscopa. In cima, il croccantino però ci sfugge di nuovo a terra. Nel frattempo, la seconda squadra ha portato avanti l'altro.
Ore 12.00: abbandoniamo i croccantini. Pausa pranzo".


"Ore 14.00: torniamo all'attacco. Alle 16.00, facciamo sparire il primo croccantino nella fessura nel muro, diretto alla tana.
Ore 18.15: mentre l'umana è sotto la doccia, il secondo croccantino entra in buca. Missione compiuta!"

P.S.: adesso che ho visto tutto questo lavoro di pulizia e tutta questa dedizione, non ho il coraggio di mettere il veleno anti-formiche nel muro!


venerdì 1 marzo 2013

Uccellini

L'altro giorno, 27 febbraio, è caduta quella che si può ormai definire la prima pioggerellina di marzo. Uno dei fenomeni meteorologici che più amo di tutto l'anno, assieme agli arcobaleni di aprile, alle stelle cadenti di agosto e alle galaverne di gennaio. Sì, mi piace un po' tutto. Anche quel clima rinfrescato e sottosopra che si crea dopo le grandinate estive (che tanti danni agricoli fanno...). O i nebbioni padani che non vedi a tre metri di distanza, o il "soffoco" dell'umida calura estiva, sempre in padan style. L'unica cosa che mi indispettisce è il clima di novembre, quando il cielo resta plumbeo dalla mattina alla sera, te lo senti che ti pesa in testa, non piove e non esce il sole. Ecco, quello mi piace di meno.
Quando comincia invece questo clima sole-non-sole, c'è-caldino-ma-non-troppo,  profumo-di-terra-che-si-risveglia, io vado in giuggiole, e passo le giornate a canticchiare "La pioggia di marzo" nella versione italiana di Mina (non con lo stesso risultato canoro, ma l'importante è lo spirito).


Uccellini: tra un po' i tempi duri per voi saranno finiti! Già vi si sente cinguettare in una maniera diversa. Non avete ancora cercato il posto per il nuovo nido. Ma se vi porto fuori le palline di semi che ho imparato a fare seguendo il blog di Ilaria http://ilmondoinungiardino.blogspot.com, voi ne andate ancora in cerca e le beccate voracemente in un lampo.


La ricetta per fare le palle di semi per uccelletti selvatici ve la dà Ilaria in questo post: Mangiatoie e cibo per uccellini affamati, così come tanti bellissimi e utilissimi suggerimenti per avvicinare passeri e pennuti vari ai vostri giardini e ai vostri balconi.
Quando, in autunno, ho appeso la prima pallina (acquistata in negozio), quella è rimasta attaccata a un ramo della pianta di cachi in orto un mese, senza che nessun volatile se la filasse. Poi, tutto di un botto, è sparita. Allora ne ho appese altre, immediatamente divorate. Ho continuato a sostituirle tutto l'inverno, facendole da me. Successone. Passeri e cinciarelle se le contendono di brutto.
Domenica scorsa, in un garden center, Manuele, mio marito, trova in saldo una casetta-mangiatoia, e la compra. Neanche fatto in tempo ad appenderla, riempita con pallottole di semi, che una cinciarella ci si è fiondata sopra. Pensavamo ci avrebbero messo un altro mese per capirne l'utilità, ma li sottovalutavamo.
Adesso, se traffichiamo in orto, c'è sempre una cincia che ci fischia contro, dall'alto di un ramo della pianta di cachi dove sta la casetta-mangiatoia, per intimarci di uscire e lasciarla mangiare tranquilla.
Cavolo! C'hanno pure le pretese! Non son più padrona del mio orto...