domenica 23 febbraio 2014

Tutti per campi!

campagna veronese

Diversamente dalle varietà di lattughe, dalle cicorie e dai radicchi che godono di larga "fama commerciale", e che sono coltivate su vasta, vastissima scala, in campi destinati a monocoltura, si pone la popolazione delle erbe selvatiche: numerose, autodisseminate, relegate sui bordi dei campi, nei margini o nei fossi, dove c'è più ombra o passa più acqua, e la natura fa da sola. Crescono nei terreni agricoli anche loro, ma nelle stagioni di riposo, quando l'aratro non fa solchi e non destabilizza la quiete e l'equilibrio necessario ai semi selvatici per germinare. 
Le erbe selvatiche sono piante "a lato", rappresentano il vero orto di Madre Natura. Erbe che non costituiscono un'alimentazione di base, ma in minime quantità caratterizzano piatti, esaltano sapori, portano profumi più ricchi.
Con i familiari, ho dedicato il sabato ad una "scorribanda" per campi alla ricerca di preziosi radicchi selvatici (nel veronese li chiamiamo "radicèle", mi raccomando, con una L sola), e di valerianella locusta ("molesìni", ne ho già parlato qui).
Ecco qualche foto per mostrarvi come sono le cosiddette radicelle (di cui peraltro vi presento una sola varietà, ma ne esistono altre, e non so darvi nomi scientifici, ma solo quelli della tradizione contadina veronese. Se volete un po' di botanica, qui una scheda interessante, che illustra diverse specie che si possono incontrare in natura, e i loro nomi latini):



Descrivendola in termini che farebbero sobbalzare un botanico di professione, la radicella forma una rosetta con foglie lunghe che, mano a mano che invecchiano, diventano sempre più seghettate e rosse verso la base. Questa radicella, come potete vedere, è già un po' "anziana". Le foglie sono pelosette, e, qualche volta, afferrandole, pizzicano. La radice è robusta e va tagliata con un coltellino affilato. Non potete raccogliere la pianta senza avere con voi una lama: il suo cuore è lievemente infossato nel terreno, usando solo le dita, nel sollevarla la strappereste.


Il difficile del raccogliere le erbe selvatiche  è proprio questo,  riconoscerle, perchè le radicèle si confondono col tarassaco, e i molesini con le pratoline, e se ne stanno nascosti a macchie, soprattutto nelle zone più marginali dove non picchia eccessivamente il sole.

Un po' di confronti fotografici.
Radicella: particolare delle foglie; la seconda foto è di una pianta giovane:





Tarassaco: se non è in fiore, solo un occhio esperto lo distingue dalla radicella:


Valerianella locusta (molesino): largo al massimo una decina di centimetri, ora è tempo di raccoglierlo, perchè presto andrà in semenza. Ha foglie di un verde tenero, non pelose, col margine liscio, e caratteristiche venature sottili che le percorrono per il lungo. Per raccogliere la valerianella locusta, bastano due dita. Con un colpo di unghia se ne stacca velocemente la radichetta:


Pratolina: la classica margheritina, se non è in fiore si può confondere con la valerianella locusta. Ha un colore più scuro, e foglie con i margini seghettati. Più scavate le nervature, soprattutto quella centrale:


Una ricetta per le radicelle: mettetele in acqua fredda salata, portate a ebollizione. Lasciate a bollire finchè non raggiungono la morbidezza che preferite. Il gusto è amarognolo. Quando le preparate per cucinarle, tagliate il cuore a metà (non dovete defogliarle), dividendo a metà anche il pezzetto di radice che sarà rimasto dalla pulitura: essendo la parte più amara della pianta, dimezzato se ne sentirà meno il sapore pungente. Erbe cotte buone anche da fredde. E' possibile accompagnarle con dadini di pancetta affumicata.

Una ricetta per i molesini: fatene una fresca insalata, consumandoli senza romperne le "rosette", accompagnandoli con radicchio rosso spezzettato, fettine di mela renetta, noci, aceto balsamico. Il sapore delle primizie della primavera in arrivo!

In the open field! I have had a wonderful day searching for wild edible plants: valerianella locusta (in veronese dialect molesìni) and wild chicory (radicèle). Looking for those vegetebles is really complicated, because it's easy to confuse them with other similar species. So "radicelle" seem Taraxacum officinale, and "molesini" seem Bellis perennis, daisies. I show some picture to explain how to distinguish that wild plants just seeing their leaves: instead, in this period, they're not in bloom, and they're not edible if they get flowers.

mercoledì 19 febbraio 2014

Ultimi omaggi all'inverno: il pot-pourri umido di calicanto

Non che si sia fatto vedere molto, questo inverno. Giusto qualche gelata a dicembre, e poi tanta pioggia. Speriamo che non si faccia sentire tardivamente con qualche colpo di gelata tra marzo e aprile - troppi alberi da frutto sono in fiore o si stanno preparando alla fioritura, e ne verrebbero danneggiati.
Domenica ho adocchiato il calicanto (Chimonanthus praecox) e ho notato, sotto la luce del sole che si è affacciato dopo lunga latitanza, i suoi ultimi fiori. Ho deciso di mettere in atto un esperimento che avevo in mente da un po': fare il pot-pourri umido.



Il pot-pourri umido è composto, come quello secco (di cui ho parlato qui e qui), da fiori o petali di fiori, o erbe aromatiche. Questi elementi vegetali vanno fatti asciugare col sale grosso. Ne risulta così un miscuglio molto profumato, ma brutto da vedere, in quanto i petali perdono la loro forma e i loro colori miscelandosi come se fossero decomposti. Per questo va poi conservato in barattoli opachi, ad esempio di terracotta, che però facciano trapelare l'aroma, che pare sia molto più intenso e duraturo di quello dei pot-pourri secchi.
Alcuni sostengono che questa tecnica fosse in uso già presso gli antichi Egizi, e che fosse praticata anche dalla celeberrima (per i giardinieri) Gertrude Jekyll.






Mi sono armata di barattolo e sono andata in giardino per "strappicchiare" i fiori più bassi del calicanto (cioè, fin dove arrivo col mio braccetto, in quanto la pianta è alta più di due metri). In totale, ho raccolto un etto di fiori. Ho eliminato gli insetti (stranamente non c'erano api, forse sono tutte in letargo), e i rametti di legno. Ho lasciato i fiori asciugare due giorni su un cartone. Forse un giorno era sufficiente, non vorrei aver fatto volatilizzare troppo il profumo.


Ho scelto un barattolo di vetro con l'apertura non troppo stretta: ho versato i fiori a strati, alternandoli con altrettanti strati di sale grosso. Sull'ultimo, va messo un piattino. Io ho preso un coperchio trasparente di un barattolo di yoghurt da mezzo litro. L'ho ritagliato e mi è stato facile inserirlo nel vasetto, perchè essendo di plastica si può piegare. Sopra, dopo aver pressato bene, ho messo dei sassi che mantengono premuti i fiori e il sale. Ho chiuso e lasciato in un posto buio e asciutto.
Un po' come preparare le sarde sotto sale...




Il vasetto va mescolato una volta al giorno. Se si forma del liquido sul fondo, questo va scolato e conservato per dare aroma al pot-pourri in futuro. Dopo il mescolaggio, il composto va sempre tenuto pressato dai sassi (o dal sasso). Sarà pronto quando diventerà compatto e secco. A quel punto, andrà versato su un piatto e sminuzzato, e mescolato ad erbe, spezie e qualche goccia di olio essenziale per profumarlo. Versato di nuovo in un recipiente, pressato col solito sasso, va lasciato riposare per due mesi circa (il pot-pourri umido è molto più impegnativo di quello secco).
Una volta pronto, il pot-pourri va messo in un barattolo di alluminio, se volete aprirlo solo in determinate circostanze, oppure in un contenitore poroso, decorato come più vi piace. In internet ho letto di pot-pourri umidi preparati alternando uno strato di fiori ad uno strato di sale, ad uno di fiori, e ad uno di sale, zucchero e alcol. Mi sembra un po' esagerato per le mie ambizioni.
Io ci provo per la prima volta; se tra un paio di mesi non avete notizie, vuol dire che ho buttato via tutto! Se voi invece vi scocciate perchè il procedimento richiede troppo tempo, potete sempre comprarlo pronto, tipo qui...

How to do a moist pot-pourri (I'm trying to do it with calicanthus flowers, as a little tribute to the winter):
- pick a lot of your favorite flowers (or sweet herbs) and let them dry one or two days;
- put the dry flowers in a jar, alternating a layer of flowers and a layer of coarse salt;
- press down the layers and put on a stone. Once a day, mix the flowers and then press them all with the stone;
- when the pot-pourri will be complitly dry, mince it, fragment it and mix it with other sweet herbs or some essential oil drop. Pour the pot-pourri in a jar and let it there about two months, pressed by the stone;
- when the moist pot-pourri will be ready, put it in a can or in a porous pot. The moist pot-pourri is ugly to see, but more durable and more perfumed then a dry pot-pourri.

lunedì 10 febbraio 2014

Leggere il giardino - reading a garden

Avrei voluto cominciare a parlare concretamente di lavori nell'orto, ma il tempo non è clemente e anche qui nel Veneto ne abbiamo veramente abbastanza della pioggia. Allora ripiego su un argomento che considero interessante, mentre le povere insalate che avevo seminato in serra vengono rasate a zero dalle lumache: voilà qualche libro che ha per tema la "lettura" del giardino.

Per assaporare davvero un giardino non basta semplicemente passeggiarci dentro: esso, soprattutto se non di recente impianto, è cultura, a volte storia, e merita di essere capito in profondità, osservando gli elementi che lo compongono, e che parlano per esso più di quanto immaginiamo. Una siepe di bosso non è solo una delimitazione delle aiuole, ma può indicare l'influenza dello stile di una precisa epoca; una fontana non è solo spettacolo di spruzzi d'acqua, ma può avere una funzione simbolica che va aldilà della mera curiosità estetica; cancelli, vasi decorati, statue, meridiane, sfere armillari, e persino pavimentazioni in pietra, si collocano all'interno di un piano di scelte più vasto di quello che possiamo pensare, e portano con sè insospettati rimandi culturali. 
La destinazione d'uso (luogo di piacere, luogo di preghiera, luogo di esternazione dello sfarzo regale ecc.), lo stile (formale, informale, rinascimentale, vittoriano, modernista), la suggestione dei giardini della memoria e di quelli che abbracciano e modellano un intero paesaggio, gli edifici piccoli e grandi che li occupano coi loro significativi dettagli, sono alcuni degli argomenti trattati nel libro Leggere i giardini di Lorraine Harrison, ed. Logos 2011, in modo semplice e di certo non esaustivo (non siamo davanti a un volume completo sulla millenaria storia dei giardini), ma comunque bastevole al principiante o a chi voglia visitare parchi grandi e piccoli da turista un po' più consapevole di ciò che vede.
"Leggere i giardini è un corso intensivo per chi ama visitare gli spazi verdi, piuttosto che una cronologia della progettazione artistica. Usato come guida da campo vi aiuterà a scoprire e identificare stili, influenze storiche e origini tanto quanto gli elementi più stravaganti di ogni giardino. [...] L'obiettivo del libro consiste nell'offrire al lettore le conoscenze necessarie per dipanare la matassa degli indizi che raccontano la storia passata di un luogo, dalla tenuta più maestosa al più minuscolo appezzamento urbano. Grazie a esso potrete arricchire, affinare e, soprattutto, aumentare il piacere di ogni vostra futura visita". Tenendolo sottobraccio, aggiungo io, perchè è di dimensioni contenute e ci sta in una borsa.
Introduzione di Juliet Nicolson, nipote della celebre creatrice dei giardini di Sissinghurst.


Giardini, edizioni White Star, della fortunata e simpatica collezione Cube Book, potrà servirvi per riconoscere nelle immagini presentate i segni che Leggere i giardini vi avrà fatto studiare e apprezzare. Consiglio caldamente questi due volumi in coppia: senza viaggiare per mari e per monti, i parterre di Versailles, le geometrie dei giardini italiani, gli incanti di quelli orientali e i colori di quelli indiani e africani vi rapiranno per piacevoli istanti restando seduti nel salotto di casa vostra, o ispireranno la vostra prossima bordura. Ampie panoramiche dall'alto e ingrandimenti di dettagli affascinanti allieteranno i vostri occhi e stimoleranno la vostra fantasia. A cura di Valeria Manferto De Fabianis, tante foto ma anche intelligenti didascalie.


Infine, dalla lettura dello spazio complessivo del giardino, passo ad un libro sulla lettura, per così dire, dei tronchi degli alberi e nello specifico delle loro cortecce. Cortecce. Galleria d'arte a cielo aperto (ed. L'ippocampo) appunto il titolo dell'ultima raccolta fotografica di Cèdric Pollet, fotografo francese, che dopo il successo del precedente Cortecce - viaggio nell'intimità degli alberi del mondo ci "riprova" con un ampliamento dell'opera, curata anche dal punto di vista della classificazione botanica. In un volume poderoso e colorato, Pollet elenca ordinatamente le centinaia di immagini scattate in giro per il mondo ad alberi di diversi generi, per confrontarne le curiose scorze che a volte paiono dei quadri astratti del Novecento (e non per niente, ci dice l'autore nell'introduzione, oggi artisti di ogni settore, nonchè designer e creativi si ispirano sempre più spesso ad esse). Ho ritrovato anche l'eucalipto arcobaleno che avevo incontrato a Maui
Dopo aver scorso con attenzione queste splendide pagine, ora, quando passeggio in campagna o in un bosco, non posso più fare a meno di osservare le tipiche righette orizzontali sui tronchi delle betulle o le macchie cangianti dei platani che incontro, pensando a come ognuna sia unica anche in mezzo a miliardi.

Some book to learn to "read" a garden:
- How to read gardens, Lorraine Harrison, 2010 Ivy Press Limited: a little and practical handbook about styles, history and architecture in the garden. How to discover a garden reading its signs;
- Giardini (Gardens) edited by Valeria Manferto De Fabianis, 2008 ed. White Star: a photographic book about gardens of all the world. Beautiful pictures, wonderful scenarios and delightful details;
- Cortecce. Galleria d'arte a cielo aperto (Barks) ed. L'ippocampo, a photographic book, edited by the french photograph Cèdric Pollet. Pollet shows his pictures taken around the world to teach us how barks can look curious and coulored - like abstract paintings.