sabato 22 novembre 2014

Cinorrodi per arricchire l'autunno

Grace di David Austin
C'è ancora qualcuno che non crede nei blog. Un mesetto fa ho contattato un giardino del bresciano in occasione di una manifestazione speciale che lì si sarebbe tenuta. Un giardino di rose. Mando un messaggio per chiedere se fanno visite guidate, perchè vorrei che un esperto mi illustrasse le rose coi cinorrodi autunnali più belli. Ovviamente segnalo che scrivo per un blogghino, e che vorrei dedicare un post esclusivo all'avvenimento. Risposta secca di qualcuno dell'ufficio comunicazioni, che si vede che non aveva tanto tempo da perdere: "Buongiorno purtroppo in occasione dell'evento non facciamo visite guidate". Stop. Vabbè, tanti saluti. 
E sì che quella dei blogger è tutta pubblicità gratuita, che visti i tempi che corrono... Noi blogger ci godiamo con poco: occupandoci delle nostre passioni, curiosiamo, testiamo, scriviamo, impariamo e condividiamo, e i nomi di vivai, giardinieri e studi di progettazione piano piano fanno breccia nei cuori di tanti lettori... Boh. Perchè c'è ancora qualcuno che ignora i nostri poteri taumaturgici e anticrisi? ;-)
Sono andata a fare un giro lo stesso. Ho fotografato qua e là. Vi propongo un po' di immagini senza nominare il giardino interessato. Tiè.
Pubblico foto di cinorrodi con il nome della rosa a cui appartengono, e, dove trovato, anche la foto del fiore. Nelle immagini si vedono le mie dita per darvi un'idea delle dimensioni delle bacche. Ho aggiunto dei link per chi volesse approfondire le varietà nominate. Qui un rimando per quanto riguarda le sei tipologie di forme di cinorrodo più diffuse.


Rosa farreri persetosa. Un bel tipetto. Cinorrodi piccoli e allungati, "a caraffa". Rami spinosissimi, foglie minute. Ibrido di cassiorhodon. Fiore lilla. Arbusto alto fino a 150 cm. Portamento disordinato, e dalle foto si vede.




Una varietà che è un grande classico. Bacche di dimensioni maggiori, tonde, rosso aranciato.

Cinorrodi di Rosa New dawn (David Austin), che si è fatta fotografare in tutta la sua gloria ottobrina:




Rosa Altissimo. Splendidi cinorrodi aranciati, enormi e tondi:



Piccoli cinorrodi a grappoli per Rosa Trier, varietà annoverata tra le progenitrici delle ibride di Moschata:


Un'occhiata tra le rambler e le climber
Un paio di "acini" rosso chiaro per Rosa Bobbie James:


Più sfumature cremisi nelle bacche di Rosa Maid of Kent:

  

Sempre dimensioni contenute anche per quelle di Rosa Paul Himalayan musk:


Eccoci a un celeberrimo ibrido di Moschata. Minuscoli e sferici i cinorrodi di Rosa Ballerina, tra i più decorativi della stagione, in quanto formano ricchi mazzetti di pallini rossi:




Rosa Cornelia, che tanti dubbi genera sulla sua classificazione in chi la coltiva:


Chi c'è qui? Rosa The Generous Gardener, dalla collezione David Austin:




Rosa Compassion, con fiore aperto appena sciupato dall'aria fredda di metà ottobre (la sua corolla è un ottimo biglietto da visita della sua nota rifiorenza):



Rosa Lea Massari, fiore e cinorrodi:




Mi è riuscita da cani la foto di Rosa La Sevillana, super famoso rosaio Meilland:



Sempre a proposito di Meilland, voilà Rosa M.me Meilland, altro nome della coltivatissima Peace, considerata la rosa più diffusa al mondo. Come ogni vip che si rispetti, accentra su di sè l'attenzione dei visitatori con non un fiore, non con due, ma con un intero ramo carico di corolle a metà di un ottobre calduccio come quello di quest'anno:



Un po' tetri se lasciati in balia delle ragnatele i grossi cinorrodi spinosi, ma tuttavia affascinanti, di questa rosa senza cartellino. Escluso che possa trattarsi di una Rosa Roxburghii, mi hanno suggerito Rosa Capitan John Ingraam. Se ho ulteriori riscontri vi farò sapere aggiornando questo post:





E, come si suol dire, dulcis in fundo, la rosa che mi ha colpito più di tutte per la bellezza dei suoi cinorrodi, grossi, turgidi, irresistibilmente vellutati, ovvero Rosa Bracteata:



Sembrano kiwi:





Concludo con una intrusa, che di cinorrodi da mostrare non ne aveva, ma si faceva bella di queste incredibili spine:






Grazie a Nik dell'Orto dei colori per la sua gentile consulenza rodologica. P.S.: mentre in auto io e mia madre cercavamo di raggiungere il giardino in questione, ci fermiamo per strada per chiedere indicazioni. Eravamo in realtà a neanche un paio di kilometri dalla meta. Becchiamo una coppia della zona, che, però, pur abitando nei pressi, non aveva mai sentito nominare quel giardino. E tte credo, i proprietari non si concedono ai blogger, e poi nel loro stesso paese nessuno ne conosce l'esistenza!

sabato 15 novembre 2014

Jap&italian style in terrazza

Per chi abita in città, ma non dispone di un terreno da dedicare a giardino, una terrazza può fornire la possibilità di creare uno spazio verde per coltivare le proprie piante da vaso preferite, e allo stesso tempo accogliere in modo originale gli amici, o concedersi una pausa relax.
Il proprietario di un appartamento in città a Verona ha pensato bene di tradurre la sua terrazza in un giardino pensile un po' fuori dagli schemi. Prendete carta e penna perchè ho l'onore di potervi illustrare un progetto, e le sue fasi di realizzazione, davvero straordinario. Nonostante la complessità dell'impianto e l'impegno economico dello stesso, se ne possono trarre degli spunti per quanto riguarda l'illuminazione di un giardino in balcone, o per l'allestimento di vasi un po' scenografici.
Seguendo le immagini, avrete anche modo di vedere come operano i professionisti che elaborano da zero un progetto di questo tipo. Gli autori materiali del giardino in questione sono i vivai San Benedetto (ho parlato di questa azienda qui).


La terrazza è ampia e distribuita su tre lati intorno all'attico: gode quindi di una vista molto estesa della città, diretta da un lato verso il centro storico, dall'altro verso un quartiere di più recente costruzione. Il proprietario, cercando in un certo qual senso di rispettare ciò che secondo lui poteva essere il genius loci del panorama, ha deciso di creare un giardino multistile.
Per il lato che dà sul centro antico della città, ha optato per un allestimento che si rifà al rigore e alle geometrie dei giardini all'italiana. Sopra, l'immagine del progetto su carta, sezione vista dall'alto: il primo step del lavoro del progettista. Qui sotto, foto della terrazza reale, prima dell'impianto.


La terrazza è ancora vuota. Si vede un tubo, una caminella, che sbuca dal pavimento e si alza per un paio di metri. Un piccolo ostacolo costruttivo e un elemento antiestetico del quale il progettista dovrà tener conto.


Sopra, il disegno del progetto tracciato sulla foto. Questa sovrapposizione disegno/foto permette al professionista di visualizzare quello che sarà uno dei possibili risultati finali del suo lavoro già contestualizzato nello scenario circostante: il giardino deve armonizzarsi col panorama su cui si affaccia. Dallo schizzo si intuiscono delle vasche che corrono lungo il perimetro della terrazza, e che saranno destinate al contenimento delle piante. A sinistra in alto è stata tracciata una pergola. La caminella antiestetica è vicina a uno dei pilastrini della pergola.


Immagine elaborata a computer: dal progetto disegnato a mano, lo studio elabora virtualmente una vista che si avvicina al risultato finale dei lavori, inserendo nella foto gli elementi di arredo del giardino e le essenze sempreverdi o fiorite. Si tiene conto delle ombre e dell'esposizione solare di ogni angolo della terrazza.
Il giardino, come dicevamo in stile italiano, è ricco di piante mediterranee, resistenti alla calura e poco esigenti in fatto di irrigazione. Alle fioriture estive si alterna il verde perenne delle sfere di bosso nei periodi invernali.


Sopra: progetto dell'altro lato della terrazza, sezione vista dall'alto. L'ispirazione stavolta proviene dai giardini giapponesi. Oltre all'impianto di specie tipiche del continente asiatico, il progetto prevede sempre delle vasche disposte lungo la ringhiera esterna, ma con forme arrotondate e più fluide. L'impressione, come potrete vedere tra due foto più sotto, è quella di un giardino meno "impettito", sebbene intimo e accuratamente studiato.


Vista reale della terrazza, prima dei lavori. Un'altra caminella "tra i piedi". Il pavimento è in legno, appena posato.


Sopra, il progetto abbozzato manualmente. Questa volta, le vasche contenitrici sono colorate, rosse. Un Ilex crenata, potato in stile orientale, con forme che richiamano quelle dei bonsai. Confrontando i progetti dei due lati della terrazza, si osserva che l'arte topiaria produce effetti differenti a seconda di come viene interpretata: di aggiustamento e contenimento sulle chiome delle piante "italiane", a imitazione della natura senza artificiosità in quelle "giapponesi".
Movimentano il giardino orientale le fronde dei bambù, di colore più chiaro. I bambù, collocati sullo sfondo delle aiuole, aggiungono un tocco di verticalità e dinamicità a questo piccolo scenario.
Nel progetto giapponese le pergole sono due.


Fotomontaggio: ophiopogon, bambù, carex, festuche, graminacee, viste di giorno...


...e viste di notte. La terrazza è stata infatti studiata per essere vissuta anche nelle ore serali.

La pergola nello schema italiano protegge una piccola palestra. La copertura è costituita da delle speciali lamine che si possono chiudere in caso di maltempo, o che si possono aprire per approfittare della luce, in estate.

Le pergole giapponesi, sempre tecnologiche come quella italiana, proteggono invece una zona lettura e l'angolo cucina per le cene orientali. E' stato previsto un tavolo speciale con sezione cottura studiata appositamente per la preparazione di pietanze tipicamente giapponesi. Nella foto in basso, il tavolo con il grill per il cuoco, che può cucinare davanti agli occhi degli ospiti, che gli si siedono di fronte.
I bambù sono anche i motivi vegetali impressi su delle lamine di acciaio collocate tra le vasche contenitrici e la ringhiera. La presenza di queste decorazioni è dovuta all'intento di armonizzare il profilo del giardino con la vista sulla parte meno romantica della città. In certi casi hanno proprio il compito di distrarre lo sguardo da grattacieli e altre moderne brutture edilizie.

Una terrazza di questo tipo comporta di certo le sue spese, ma anche un importante calcolo progettuale: la soletta della struttura deve essere infatti in grado di sopportare i pesi coi quali verrà sollecitata. Il lavoro non può che essere delegato a un architetto esperto.
La vista sul tramonto cittadino è impareggiabile, e le tonalità calde dei cromatismi vespertini ben si sposano con il rosso del giardino giapponese, che si trova infatti sul lato ovest della terrazza. I led, scelti in una luce non fredda, accesi assolvono più funzioni: illuminano, tracciano il percorso, arredano, fanno compagnia. Qualche altro faretto basso risalta tra i ciuffi delle liriopi; quelli tra le canne dei bambù gettano un'illuminazione più alta, ma sempre soffusa.


Il titolare dell'azienda e l'architetto che hanno seguito e organizzato i lavori hanno confessato che il momento più difficile è stata la collocazione delle pesanti vasche in acciaio: calate dall'alto con una gru, a sua volta eretta in pieno centro abitato, in uno spazio ristretto tutt'altro che agevole, sono state un passaggio delicatissimo che, se non eseguito alla perfezione, rischiava non solo di compromettere il risultato della terrazza, ma di danneggiare gli edifici circostanti. Massima cautela quindi nelle manovre. Ulteriormente complicate dalle caminelle a cui ho fatto cenno: le vasche sono state loro calate sopra, dall'alto, in quanto le caminelle sono circondate dalle aiuole.


Il tavolo giapponese è sempre in acciaio, ma non è stato calato dall'alto: gli operai se lo sono portato a spalla fino al settimo piano, dato che in ascensore... non ci stava... e il palazzo non era fornito di montacarichi.

Ringrazio i vivai San Benedetto di Peschiera del Garda (VR) per avermi gentilmente illustrato il progetto. Grazie anche all'architetto Claudio Dancelli per aver pazientemente fornito i dettagli tecnici e botanici e il materiale fotografico.