sabato 23 novembre 2013

Verso Monet

Sto "sventolando" da più di una settimana sul mio blog il logo della mostra "Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento" che si sta tenendo a Verona, presso il palazzo della Gran Guardia (in piazza Bra), dal 26 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014. L'ho da poco visitata, e posso dire che merita una capatina. L'argomento e gli autori trattati sono molto conosciuti e di vasto interesse; per chi si occupa di giardino, è un'ottima occasione per "farsi una cultura" pittorica sulla valenza e l'interpretazione del paesaggio nella storia dell'arte figurativa.


La mostra prende il via da alcuni quadri della fine del Cinquecento italiano, epoca in cui si considerava il paesaggio solo come una scenografia che stava letteralmente "alle spalle" delle storie e delle vicende umane protagoniste delle tele. Seguendo un ordine temporale, la mostra continua con alcune tele legate al vedutismo veneziano e alla pittura fiamminga e olandese tra Seicento e Settecento. I dipinti sono particolareggiati e fedelissimi alla realtà, e danno sempre più spazio al paesaggio come elemento autonomo e degno di farla da protagonista nelle opere pittoriche.

Canaletto, Il bacino di San Marco a Venezia
E' poi il turno delle diverse espressioni pittoriche del Romanticismo, con opere impregnate di spiritualità e di alte tensioni emotive, trasmesse ritraendo mari in tempesta e foreste tormentate. Vengono quindi la scuola di Barbizon, gli studi della luce degli Impressionisti, van Gogh con la sua natura traviata e dai colori imprevedibili, Gauguin e la sua ricerca di un paesaggio primitivo, gli anticipi cubisti di Cézanne e finalmente Monet.

Pissarro, Paesaggio vicino alla Pointoise. Uno dei dipinti che ho preferito, perchè ritrae un orto di verze.
L'esposizione mette in rilievo come tre siano in particolare le invenzioni che hanno determinato il modo differente nei secoli di ritrarre e considerare il paesaggio: la camera ottica, che permise ai pittori di eseguire dei dipinti con l'effetto straordinario del colpo d'occhio del grandangolo; la ferrovia, che portò i pittori a viaggiare sempre più spesso, arrivando così a conoscere nuovi spazi e nuovi panorami; la fotografia, che rivoluzionò il concetto pittorico delle luci e delle ombre, e spinse gli artisti ad abbandonare la fedeltà al vero per muovere i primi passi nell'astrattismo. Anche lo sviluppo della topografia del territorio e del disegno mappale ebbero le loro notevoli influenze, soprattutto nel Settecento.

Monet, Il treno nella neve, 1875
La mostra si conclude con una serie di dipinti di Monet, con paesaggi studiati in diverse stagioni e quindi messi a confronto fra di loro. Splendido un tramonto a Venezia, eseguito usando tutti i colori dello spettro luminoso; presenti anche un paio di paesaggi fumosi e nebbiosi del periodo londinese.

Monet, Tramonto a Venezia, 1908
Non potevano quindi mancare le ninfee, di cui sono esposti tre dipinti (a mio parere, non proprio i più belli). Il percorso si conclude col quadro secondo me più brutto della collezione, un salice piangente, che deve la sua presenza per i tratti quasi astratti con cui è rappresentato il salice, un po' l'anticipo della pittura rivoluzionaria del Novecento e di Pollock.

Monet, Ninfee. Effetto della sera, 1887 (non quelle presenti alla mostra)

Monet, Salice piangente, 1918

Consiglio come preparazione a questa visita l'agile librettino Le anime del paesaggio. Spazi, arte, letteratura, AA. VV., ed. Interlinea 2013, 12 euro, con tre lectio magistralis di Flavio Caroli, Philippe Daverio, Sebastiano Vassalli (rispettivamente: Il volto e l'anima della natura, Il paesaggio della modernità, Letteratura e paesaggio. Il nulla e il paesaggio nelle nostre storie).
Molto attinente alla mostra proprio il saggio di Caroli, che percorre grosso modo lo stesso itinerario storico dell'esposizione veronese e, significativamente, cita un quadro lì presente (quello di Canaletto, meraviglioso, che ho postato sopra, proveniente dal museo di Boston); Caroli conclude con un accenno a Pollock, cui anche la mostra nella sua parte conclusiva rimanda.
Il libro è corredato da fotografie dei dipinti citati, a colori.
Fatemi sapere le vostre impressioni se visitate questa mostra o leggete questo libro!

giovedì 14 novembre 2013

La casa di Romeo e alcuni balconi di Verona

Un pomeriggio a zonzo per la città, prima di andare a vedere al cinema l'ultimo film di Checco Zalone.
Siamo passati davanti alla casa per tradizione attribuita al Romeo shakespeariano, molto meno conosciuta di quella di Giulietta.


Quando scoprono che qualcosa è legato a Giulietta e Romeo, i turisti sono sempre preda di raptus scribacchini:


Il balcone della casa di Romeo è spoglio, ma ha una bella ringhiera in ferro ed è sovrastato dai merli medievali dell'edificio cui appartiene.


Più carini i balconi che gli stanno attorno, casualmente entrambi di due osterie (e di quelle buone). Quello di sinistra:




Quello di destra:




Magnifiche insegne, ma il "duca" dovrebbe sistemarsi la "D":




Siamo a due passi dalle Arche scaligere, eccelso monumento dell'arte gotica, dove è custodita la tomba di Cangrande della Scala:
 

Il cortile delle Arche è cinto da una cancellata che ripete il simbolo, il "logo" degli Scaligeri, la scala per l'appunto:
 


Modestamente, la cancellata delle Arche ricorda la porticina del mio orto:


Posso dire di avere un'entrata medievale.
E adesso un po' di balconcini e facciate degli antichissimi palazzi del lato nord di piazza Erbe (l'area dell'ex foro romano), a due passi dalle Arche scaligere:


Si tratta delle Case Mazzanti. Il piano terra di questi edifici nel Medioevo era destinato alle botteghe; ora è in genere occupato da locali alla moda frequentati di sera dai giovani della Verona-bene (quanto odio questa espressione).


Tantissimi e splendidi gli affreschi che si sono conservati nonostante i secoli. Ritraggono scene mitologiche e allegoriche. Nel Medioevo era comune decorare i palazzi con affreschi sgargianti. Verona perà era soprannominata urbis picta perchè era davvero molto ricca di queste pitture. Tutt'ora ritengo che siano una delle caratteristiche più genuine che distinguono Verona da tante altre città medievali italiane. Ogni volta che vedo questi palazzi (e passo di qui spesso) resto meravigliata per il calore e il piacere dell'abitare umano che trasmettono.


La torre dei Lamberti, aperta ai turisti. Essendo molto alta, è visibile anche da piazza Bra, la piazza dell'Arena. Da piazza Bra la potete raggiungere seguendo via Mazzini, la via più prestigiosa di Verona perchè vi hanno sede i negozi più costosi e le vetrine più belle della città. Dove ormai vanno a far la spesa solo i magnati russi, per capirci.



Concludiamo con la statua di Berto Barbarani, poeta veronese, ritratto mentre guarda verso gli edifici di piazza Erbe. Non so quante volte gli hanno fregato il bastone che tiene dietro la schiena.
 
 

martedì 5 novembre 2013

Mercatino domenicale di Puerto Rico (Gran Canaria)

Domenica 3 novembre 2013: ecco cosa coltivano e vendono nelle isole canarie.

Il clima di Gran Canaria, come sulle altre isole dell'arcipelago, è mite tutto l'anno. Questo permette la coltivazione di piante per noi esotiche, che chiedono temperature costantemente alte per crescere e per far maturare i frutti, e la coltivazione di ortaggi per noi comuni, come i pomodori.
Ho avuto modo di provare gli agrumi locali: hanno un sapore meno pungente di quelli mediterranei.
Le coltivazioni a Gran Canaria sono per lo più praticate nel nord dell'isola, più piovoso del sud. Nella parte meridionale dell'isola invece l'acqua scarseggia e le terre, soprattutto negli ultimi trent'anni, sono state destinate preferibilmente alla costruzione di imponenti complessi alberghieri e centri commerciali. Queste attività infatti sono più redditizie rispetto all'agricoltura, meno faticose e meno soggette ai capricci meteorologici.
Nel mercatino si vendono anche spezie e miele, sempre di produzione isolana. La vendita avviene "sfusa", come dal nostro droghiere.
A Gran Canaria non potevano mancare i bananeti. I caschi di banane vengono raccolti ancora verdi dalle piante, coltivate a cielo aperto o in serra. I caschi li si trova ancora corredati del ramo da cui sono cresciuti, appesi "a testa in giù".
Frutti esotici di cui non conosco l'eventuale nome in italiano. Ho provato il guayabo: ha un buon sapore, polpa arancione piena di semi, simile alla papaya. Odore pungente.
"Kaki", come dice il cartello. Mi diverte il fatto che anche qui non sappiano a qualle ortografia conformarsi: su un altro cartellino ho trovato "caqui". In italiano oscilliamo tra i cachi e i kaki, e la forma singolare è ancora più imbarazzante.
Castagne e cachi come da noi, quindi, ma di dimensioni più piccole. Prezzi ben più convenienti. I castagni si possono trovare solo nel nord dell'isola.
Ad una bancarella, utilizzando un apposito macchinario, schiacciano i fusti delle canne da zucchero dopo averli tagliati a metà per il lungo. Ne estraggono un succo che viene venduto a bicchieri al momento. 2 euro e cinquanta.

Regole igieniche zero. Ciò nonostante, ho assaggiato un bicchiere di questo succo che è presentato come mojito: mescolato a succo di limone ghiacciato, è dolce e rinfrescante. Be', è canna da zucchero...
Accompagnamento musicale, fotografatissimo dai turisti, prevalentemente inglesi, svedesi, olandesi.

La signora con la gonna azzurra suona uno strumento composto da...ossa. Purtroppo continuava a suonare, e non ho potuto chiederle nè il nome dello strumento, nè di quale animale fossero le ossa.
Venditrici in abiti tipici, ma i tratti somatici mi hanno attirato più dell'abbigliamento. Signore cortesi, serie, precise al centavos nel dare il resto. Su prezzi sempre modestissimi.
Anche qui è sentita l'esigenza della coltivazione biologica certificata. Ma poi, sulla bancarella, la frutta tutti la maneggiano senza guantini di plastica e ci parlano sopra sputacchiando. Le mie sicurezze sanitarie continentali si scontrano col fascino che questo mercatino semplice e genuino esercita sulla mia curiosità botanica!