domenica 26 maggio 2013

Quattro chiacchiere con un giardiniere veronese

Al mercato del sabato di un paese della provincia di Verona, la settimana scorsa ho incontrato un signore titolare di una bancarella. Vende piante e fiori. Il signore in questione si chiama Bruno Ruggieri, amministratore della cooperativa La Formica Verde, impresa di Cerea (VR) che si occupa di giardinaggio e pulizia di aree verdi.


Mentre sorveglia le sue piante in esposizione, gli chiedo un po' di tempo per fargli qualche domanda sulla sua attività. Lui accetta, un po' di pubblicità di questi tempi non fa mai male.
Non mi interessa fargli domande generali su cosa fa di lavoro, dove opera, le referenze dei clienti. Voglio chiedergli le curiosità e i trucchi del suo mestiere. Non sono una giornalista. Mi basta buttare un occhio sulle piante che stanno intorno, che trovo subito spunto per la prima domanda: duali sono le sue piante preferite e in cui è specialista?
"Coltivo di tutto". Direi che un vero giardiniere difficilmente risponde qualcosa di diverso. "Piante da aiuola, piantine da siepe, perenni e annuali, succulente e cactacee, piccoli ulivi in vaso, amarillis lantane godezie...". Il signor Bruno discende da un nonno e da un padre vivaisti. Il nonno, ormai cent'anni fa, contadino nato in provincia di Verona, si trasferì in Liguria, a San Remo, capitale italiana dei fiori, per imparare il lavoro che lo appassionava e per avviare una ditta. Lì nacque suo figlio, il padre del signor Bruno, che poi tornò a Verona, continuando l'attività paterna e passandola a sua volta a suo figlio. Il signor Bruno si definisce giardiniere dal pollice all'alluce.
Il nonno gli ha tramandato i segreti della professione, maturati dalle esperienze liguri e dallo stretto contatto con le piante. Ad esempio, segreti sulla composizione di prodotti che accelerano la radicazione delle talee in piena terra ("i professori agrari mi tampinano per conoscerli" afferma orgoglioso; "ma io non li rivelo. I radicanti in commercio non valgono niente a confronto". Logicamente, non mi dice nulla nel merito...).
Ai miei piedi c'è un vaso strano. Non molto profondo, lungo, c'è dentro una cosa che germoglia. Cos'è, chiedo.
"Un tronco di salice piangente nel vaso di un bonsai".


Guardo meglio: effettivamente, c'è sdraiato dentro un tronco di salice che butta le foglioline. Non conosco il nome della tecnica, ma riprende i pricipi dell'arte del bonsai di ricreare boschi in miniatura. Il tronco in questione avanzava da un intervento di sistemazione di un giardino. Al signor Bruno dispiaceva buttar via i resti delle potature. A ben pensarci, si butta via qualcosa che è ancora vivo, e può ancora fare la sua parte. Ecco il bonsai. "Sono specializzato nei bonsai in vaso profondo. Conosco i segreti di una tecnica per farli laddove gli esperti bonsaisti ci riescono solo con vaso basso". Di nuovo, nessuna dritta su questa tecnica segreta. Il signor Bruno mi mostra orgoglioso un altro suo esperimento di bonsai con pino silvestre, questo da anni coltivato in un vaso grande.


L'altra passione della vittima delle mie domande sono le piante esotiche. Non le acquista negli altri vivai. Non si fa spedire semi per corrispondenza. Non viaggia all'estero alla ricerca di esemplari da trafugare. Va al supermercato, compra la frutta esotica, e corre a casa non vedendo l'ora di estrane i semi e metterli in vaso. Kiwano, piante grasse, maracuja, papaia, avocado, dattero... ne ha tantissime. Ancora più orgoglioso, apre il portellone del furgoncino e mi mostra una pianta grande, con foglie enormi, a forma di cuore, molto belle. Il mangustàn (Garcinia mangostana: "pianta sempreverde tropicale originaria delle isole della Sonda e dell'arcipelago delle Molucche. Cresce fino ai 25 metri di altezza"). Non l'ho mai sentito. L'ha ottenuto da seme e lo coltiva nella sua serra.



Dire però quale sia veramente la sua pianta preferita, gli risulta difficile. Gli piacciono tutte. Salva tutti i semi che trova, le piantine che nascono nei vasi senza averle volontariamente seminate, prova nuovi ibridi. Prende gli innesti di cactus, separa innesto e portainnesto e li fa tornare singoli. Una volta gli era capitato di trovare due piantine strane, al buio o sfiorate al tatto richiudevano le foglie. Parlando con un professore di botanica non era riuscito a dar loro un nome, perchè, secondo il professore, solo due tipi di piante "si muovono", le acacie e certe piante carnivore. Poi le piantine misteriose sono morte, con suo grande dispiacere. Per lui, erano come due figlie.
In tutte quelle che coltiva e vende, in realtà, si immedesima. Il signor Bruno si affeziona a tutte, fanno parte della sua famiglia. Quando le vende, cerca di rimanere in contatto con gli acquirenti per sapere che fine fanno. Le ama più degli altri esseri viventi, più del suo cane e dei suoi gatti, perchè le piante "fanno respirare. Senza mangiare puoi vivere un mese, senza bere puoi vivere qualche giorno, senza respirare l'ossigeno prodotto dalle piante... neanche cinque minuti".


Che il signor Bruno sia molto legato alle sue "creature" lo si capisce da come allestisce la sua bancarella. Che non ha nessuna bancarella, ovvero un tavolo su cui disporsi. Le piante stanno a terra, magari raccolte in cassettine basse. Le più piccole vicino al furgone, le più alte, compresi gli alberelli, tutto intorno, come a creare una piccola barriera con l'esterno. Insomma, in controtendenza con i dettami del marketing evolutissimo dei giorni nostri, il signor Bruno non si apre ai clienti, devono essere loro a "entrare" tra le sue piante, per apprezzarle come esseri viventi e non come merci. Lo deduco io, per lui questa abitudine deve essere inconscia, ma significativa del suo amore per il mondo dei vegetali.
A due passi da me, zantedeschie che stanno per aprirsi, e una gardenia con i primi boccioli, non numerosissimi. Altri vivai di fama le avrebbero messe in vendita già due mesi fa o più, tempestate di boccioli che poi a casa degli acquirenti puntualmente non si ripresentano negli anni successivi.
"Cerco di vendere piante abituate al freddo del nostro clima" dice il signor Bruno, "è inutile vendere esemplari che ai non esperti muoiono subito. Altrimenti la gente si stanca". Mi mostra da vicino la gardenia, che è in fiore nell'epoca in cui veramente può permetterselo alle nostre latitudini, senza forzature da vivaio, cioè adesso.


Per i vasi, e finalmente gli strappo un segretuccio, utilizza una miscela di torba ottenuta da biocompost mescolata per metà a terra normale, presa dal giardino o dal campo. Mette il punto su una questione che non tutti i giardinieri approfondiscono agli inesperti: il terriccio in vendita in sacchetti nei vivai spesso non ha finito il suo ciclo di fermentazione. Se lo si usa da solo nei vasi, danneggia le radici delle piante perchè si surriscalda troppo in estate, mentre in inverno assorbe acqua come una spugna rubandola alla pianta. La terra invece miscelata è più naturale, anche se rende i vasi più pesanti al trasporto. Ma offre ai clienti risultati più apprezzabili e duraturi.


Infine, un'ultima domanda: cosa arriverà prossimamente sulla sua bancarella? "Garofani in vaso, stelle alpine, mentre in serra sta nascendo, da seme, il kiwano, detto cetriolo spinoso africano [cucumis metuliferus, ndr]. Fa un frutto che sa di limone". E il signor Bruno di sicuro lo ha assaggiato!

6 commenti:

  1. Un bell'incontro, interessante e costruttivo... grazie per la condivisione! Buona domenica!

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    1. Buona domenica a te! Finalmente con un po' di sole...

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  2. mi sembra quasi di averlo incontrato di persona !
    fra

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  3. Succede a tutti, o soprattutto ai giardinieri, che pensino di saperne ben più degli altri? Comunque è una categoria che adoro!

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    1. Hai ragione, sono pienamente d'accordo, abbiamo provato tutti a seminare l'avocado... ma a volte trovo persone espertissime del proprio mestiere che non hanno più l'entusiasmo di quello che fanno, e non si godono più l'ingenuità di certe scoperte.

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