Viaggio: un soggiorno di 7 giorni sull'isola di Tenerife, nell'arcipelago canario (Spagna), in un hotel-villaggio a metà strada tra playa de las Americas e playa de los Cristianos, la settimana scorsa. Motivo: villeggiatura, saltata in estate causa impegni lavorativi del maritozzo.
Sabato 10 novembre, l'escursione: isola de La Gomera, a sud di Tenerife, 55 minuti di traghetto partendo da playa de los Cristianos, 57 euro a testa comprensivi di spostamento in traghetto, guida che parla quattro lingue escluso l'italiano (spagnolo, belga, inglese, tedesco, ma quel giorno la nostra lingua non c'era...), pullman per la visita dell'isola, pranzo presso ristorante locale.
Il bagaglio: giacchina a vento, scarpe comode, macchina fotografica, bottiglietta di acqua, sacchettino di carta dove riporre semi eventualmente rubacchiabili dalla flora isolana senza farsi beccare.
Otto e mezza del mattino, si parte: il traghetto, "Volcàn de Taburiente", carico di turisti di ogni provenienza (il turismo a Tenerife è davvero internazionale), salpa verso quella che alla nostra vista è ancora solo una sagoma azzurra circondata da qualche nuvola. E' La Gomera, l'isola colombina, così soprannominata perchè lì fece tappa Cristoforo Colombo nei suoi viaggi verso le Americhe. Per quel che ne so, era anche l'isola di provenienza del famoso Yanez, l'amico inseparabile di Sandokan.
Quando La Gomera finalmente ci compare nitida davanti, il sole è alto nel cielo sgombro di nuvole, e siamo sicuri che il tempo meteorologico è dalla nostra parte. La settimana precedente a Tenerife è invece stata clamorosamente piovosa, come non succedeva da duecento anni, per fortuna l'abbiamo evitata. L'escursione che stiamo per fare parte sotto i migliori auspici.
Attracchiamo a San Sebastian de la Gomera, porto e centro abitato principale dell'isola, che con i suoi 352 metri quadrati di superficie è la seconda isola più piccola dell'arcipelago canario. Saliamo sul nostro autobus, il 38, come indicatoci quando eravamo sul traghetto dalla guida. Seduti in mezzo a una trentina di inglesi di mezza età, mio marito alza il naso, si guarda intorno un po' perplesso. Abbiamo sbagliato pullman! Il nostro è sempre il numero 38, ma diverso, e parcheggiato lì vicino. Scendiamo a razzo per salire su quello giusto, mentre la nostra guida, un uomo sui quaranta-cinquant'anni, simpaticissimo, se la ride e si scusa per il disagio. Non aveva previsto che, su tre pullman presenti in giornata, due avessero lo stesso numero. Altrochè buoni auspici, a momenti ci univamo al gruppo sbagliato!
L'escursione comincia con una risata, mentre il mezzo sale verso l'interno dell'isola, lungo la strada che si arrampica sulle pendici del Garajonay, l'antico vulcano che ha dato origine al luogo. Il panorama che nel giro di venti minuti ci appare è incredibile: nella foto in alto, potete vedere la magnifica vista del mare aperto e sullo sfondo il vulcano Teide di Tenerife. I fianchi del Garajonay sono coperti da una flora di euforbie, fichi d'India, aeonium, che crescono in pieno sole.
Dopo meno di un'ora di viaggio, però, il paesaggio cambia: mano a mano che ci addentriamo verso l'interno, oltrepassati vari tornanti che ci allontanano dalla vista del mare, il clima di irrigidisce. Entriamo nel parco nazionale del Garajonay, ma improvvisamente ci sembra quasi di essere in Scozia. Spariscono le opuntie, il sole si vela di nubi, l'aria è più fredda e la vegetazione si infittisce: interi boschi di erica arborea si aprono intorno a noi. Magnifici. Ci fermiamo per una sosta (motivo: fuga di tutti al bagno), dopo di che la guida ci invita ad entrare a piedi nel bosco, per sentirci nel "corazòn" della natura (beh, parlava spagnolo ma abbiamo chiacchierato insieme un bel po'). Eriche che da noi si fanno ammirare solo a venti centimetri da terra, dilatano sopra le nostre teste i loro rami coperti di muschio verde. Il profumo di sottobosco è delicato; qua è là, cespugli di margherita gigante, denti di cane alti un metro (!), salvia, felci... La guida ci spiega che a La Gomera ci sono due tipi di eriche: la già citata erica arborea, con fiori bianchi, aghetti inclinati, il cui legno è pregiatissimo per la fabbricazione delle pipe; e l'erica scoparia, con fiori rossi e aghetti ritti.
dente di cane |
margherita gigante |
Inoltre, a Gomera si possono contare quattro tipi di alloro, di cui uno solo aromatico e utilizzabile in cucina, ma non profumato come quello europeo.
la patata, appesa nel ristorante |
Ripartiamo: il paesaggio cambia di nuovo, si arricchisce di betulle e pini canari. Ma non per molto: dopo coste montane adatte alla crescita dei funghi, riprendiamo la via verso il mare, e la flora lascia spazio alle banane, agli alberi di ficus benjamina in più varietà, alle palme canarie (palma canariensis), alle piante di caco, papaya, mango, cactus...
La sosta successiva è presso un ristorante, dove consumiamo un veloce pranzo con pietanze ottenute da piante locali (in particolare, una patata enorme che sembra un tappo di sughero gigantesco, appartenente al genere colocasia). Il ristoratore, con l'aiuto di un ragazzo e di una ragazza, ci dà una dimostrazione del famoso silbo gomero: si tratta di un modo di comunicare antico degli abitanti di Gomera, per trasmettere informazioni a grandissime distanze modulando la voce nel fischio. Altrochè cellulare!
Tappa successiva: il Molino del Gofio, azienda agricola-museo dove la guida ci illustra la coltivazione di diverse specie da frutto (compresa la pianta di pera-melone dal simpatico frutto variegato di viola) e il processo di fabbricazione del "miele di palma canaria", un tipo di miele (non nel senso di quello da apicoltura, ovviamente), estratto dalla pianta attraverso un foro da cui, di notte (perchè gli insetti se ne stiano lontani) viene fatta defluire la linfa (mezzo litro, un litro a notte), da bollire ripetutamente per poi ottenerne una sostanza densa e dolce: il miele, con cui si producono sciroppi e liquori.
il pera-melone |
il secchietto per raccogliere il miele di palma |
Dal Molino del Gofio ci dirigiamo infine verso San Sebastian, dove la guida ci sguinzaglia per venti minuti di gironzolo libero, prima di salpare. Visitiamo il piccolo centro, la sua chiesa, un negozio, passiamo davanti alla casa di Colombo (la "casa Colòn", ma c'è solo una piccola targa a ricordarlo).
casa Colòn |
Sono le sei, è tempo ormai di tornare a Tenerife. Nelle mie tasche, qualche seme di margherita gigante e una bottiglietta di miele come souvenir per la famiglia. Nel mio cuore, i ricordi di una stupenda giornata di sorprese naturali e passeggiate tra gli alberi muschiosi di erica...
Non perdetevi il prossimo post: il vulcano Teide.
Ciao Marta!
RispondiEliminaNon sono mai stata alle Canarie ma mi hanno sempre attirato.
Bellissima la tua descrizione di ciò che hai visto, poi non sapevo che anche dalla palma si ricavasse il miele.
Hai piantato il seme di margherita gigante?
Attendo il post sul vulcano, chissà che emozione!
La margherita gig. aspetterà la primavera! Adesso ho paura che la semina sia troppo azzardata, nonostante non ci sia ancora freddissimo (ma dai primi di dicembre il clima si inasprisce).
EliminaE' proprio bello ogni tanto staccare e immergersi nella natura...allora al prossimo racconto.
RispondiEliminaSì, è proprio quello che ho voluto fare. Le vacanze ad abbrustolirmi al sole e basta mi annoiano.
Eliminache belle immagini è una delle isole meno famose ma non meno bella
RispondiEliminaGià. Secondo me, molte isole restano belle se non diventano famose...
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