La maestosa sala in cui è stato organizzato il convegno, il neoclassico Salone del Ballo della Villa Reale di Milano. |
Sono reduce dalla partecipazione alle Giornate di Studi ideate dall'associazione senza fini di lucro Orticola di Lombardia nei giorni di giovedì 26, venerdì 27 e sabato 28 marzo (quindi ancora in corso). Per questioni di tempo e di lontananza, mi sono limitata a presenziare a quella di ieri. Le "giornate" di quest'anno concludono un ciclo di appuntamenti quadriennale (2012-2015), organizzato in vista di Expo, e che ha toccato le tappe fondamentali della cultura giardinicola italiana dal '700 ai giorni nostri.
Gli argomenti della giornata sono stati trattati nel limite di una mezz'ora ciascuno (con qualche sforamento, invero, ma succede sempre così ad ogni convegno), e si sono incentrati intorno alla tematica della "cultura delle piante in Italia dal Risorgimento al Terzo Millennio". Hanno relazionato alcune firme storiche della rivista Gardenia, come Francesca Marzotto Caotorta (fondatrice della rivista), Mimma Pallavicini, Paolo Pejrone (architetto, ha aperto i lavori della giornata), Emanuela Rosa-Clot (attuale direttrice di Gardenia), Pia Meda (giornalista), nonchè altri nomi importanti e di professionisti affermati del mondo accademico botanico e non solo.
Il programma di venerdì mattina:
- Boscoincittà - l'innovazione ha 40 anni di Luisa Toeschi;
- Le piante aliene di Enrico Banfi;
- Le banche del germoplasma per la conservazione e la valorizzazione della biodiversità vegetale di Graziano Rossi;
- Biodiversità, agricoltura e EXPO di Marco Fabbri;
- Gli orti botanici italiani. Il caso della Lombardia di Pia Meda.
Nel pomeriggio:
- Tra moda, oblio e riscoperta: come cambiano le piante e i giardini di Ermanno Casasco;
- Il vivaismo specializzato in Italia e le mostre-mercato di Mimma Pallavicini;
- Mostrare piante e raccontare giardini di Francesca Marzotto Caotorta;
- Progettare giardini in Italia: nuove tendenze di Patrizia Pozzi;
- Editoriali verdi all'inizio del terzo millennio di Emanuela Rosa-Clot.
Raccolgo qui brevemente un paio degli interventi che ho trovato più interessanti.
Nella mattinata si è occupato dell'argomento "Le piante aliene" Enrico Banfi, noto botanico, già direttore al Museo di Storia Naturale di Milano. Questione di grande rilevanza attuale, quello delle piante alloctone, che rischia di diventare molto condizionante negli anni futuri a causa della diffusione di queste specie estranee dei nostri territori, grazie alla loro capacità di spontaneizzarsi, a volte entrando in grave competizione con la vegetazione preesistente.
Alcune piante aliene sono state introdotte nel nostro Paese volutamente, come la cosiddetta palma del Giappone (Trachycarpus fortuneii), inizialmente coltivata per fini ornamentali solo in serra, perchè si temeva che non resistesse agli inverni rigidi. Nell'Ottocento Robinia pseudoacacia allarga notevolmente la sua diffusione perchè una volta uscita, per così dire, dai giardini dei ricchi che la coltivavano per la bellezza e il profumo dei suoi fiori, si dimostrò ottima nel combattere la franosità del terreno, ed è impiantata lungo i pendii delle ferrovie all'epoca in costruzione. La robinia, osserva Banfi, pur essendo una pianta aliena, ha numerosi pregi: il suo legno è stato in passato utilizzato per costruire le ruote dei carri; sostituendo i boschi di querce e carpini, ha protetto piante di sottobosco che altrimenti sarebbero andate perdute. E' una pianta "contenibile", nel senso che se ne può controllare la diffusione, in quanto matura velocemente, e una volta invecchiata lascia spazio a elementi più giovani. Mellifera, i suoi fiori sono commestibili.
Diverso il discorso per l'ailanto (Ailanthus altissima), che crea deserto nei territori in cui si stabilisce, nel senso che si sostituisce a tutta la vegetazione, opponendosi ad altre consociazioni. La lezione però della robinia e, in modi diversi, dell'ailanto, dimostra che non sempre le piante aliene sono dannose per le zone che le ospitano: nei casi più difficili, rappresentano specie vegetali capaci di sopravvivere in luoghi degradati e nei quali l'uomo non può diversamente intervenire, oppure prestano soccorso a una flora che rischia di compromettersi per la sparizione di tanti alberi.
Dalla seconda metà del Novecento, la diffusione delle piante aliene ha subito una forte accelerazione, a causa degli insediamenti antropici e dell'uso umano dei suoli: una delle nuovissime new entry è Panicum barbi pulvinatum. Una nuova solanacea è stata invece rintracciata in Sicilia, primo caso europeo.
Per contro, coltiviamo nei nostri giardini piante che non consideriamo infestanti o sgradite, ma che in realtà sono dannose per il nostro ambiente naturale. Un caso notevole è quello di Buddleja davidii, la cosiddetta "pianta delle farfalle", che però delle farfalle nostrane è acerrima nemica in quanto fornisce, su vasta coltivazione, luogo di rifugio e di sviluppo dei bozzoli a questi insetti, se la loro specie è esotica, ma non per quelle nostrane, che non ne ricavano nutrimento e quindi non arrivano all'accoppiamento. Pianta delle farfalle fino a un certo punto...
Nymphea x marliacea è una pianta invece che produce splendidi fiori; un suo sviluppo incontrollato mette a repentaglio l'ecosistema dei nostri climi.
Come si affrontano quindi le piante aliene? Vanno per forza perseguitate e sradicate dovunque? Come già accennato, esse si dimostrano utili quando vanno a coprire terre in cui altre specie non potrebbero sopravvivere. Per quel che riguarda casi come la buddleja, basterebbe immettere in commercio cultivar sterili, così da poterle tenere serenamente in parchi e giardini e goderne le fioriture in piena estate, mentre altre specie non fioriscono per le temperature eccessive.
Al microfono Francesca Marzotto Caotorta. Di fianco a lei, Mimma Pallavicini. |
Nel pomeriggio, l'intervento (con sforo sulla tabella di marcia di quasi mezz'ora, ma è stato giusto così), di Mimma Pallavicini. Molto più giovanile vista dal vivo che non nelle foto sui suoi libri e sul suo blog, voce fresca e chiara nell'esposizione, la giornalista ha illustrato lo sviluppo in Italia, dagli anni Ottanta in poi, della cultura del giardinaggio, a partire dalla diffusione delle riviste specializzate.
1982, nasce Airone; 1984, esce il primo numero di Gardenia; 1986, è il turno della rivista Giardini. La Pallavicini racconta dei suoi esordi professionali con delle tavole per bambini sulla rivista Più, a fine anni Settanta, avvenuto in seguito a un suo contatto con la redazione per segnalare inesattezze ed errori nella nomenclatura botanica.
A fine anni Ottanta si assiste a un boom della divulgazione editoriale della cultura del giardinaggio, grazie alla traduzione di molti libri di Oltremanica. Non sempre queste traduzioni sortiscono un buon effetto: chi traduce non ha competenze botaniche, e non adatta la scelta delle piante ai nostri climi. La cosiddetta "bordura erbacea", che tanto successo riscuote in Inghilterra, sua patria di origine, alle nostre latitudini causa molte delusioni negli appassionati che cercano faticosamente di emularla e riprodurla.
Negli anni Novanta nascono molti vivai di qualità, e i giornali di giardinaggio vedono aumentare vistosamente le copie vendute: i vivai Lossa, Feletig (che dopo essersi dedicato alle rose decide di specializzarsi in siepi da bacca), Rita Paoli, Susanna Tavallini con La Montà, Eta Beta, Didier Berruyer e Davide Picchi sono i fiori all'occhiello italiani (è proprio il caso di dirlo, "fiori"). Contemporaneamente, si allestiscono delle importanti fiere e manifestazioni che faranno storia: Masino, Colorno, Orticola, la Landriana, Frutti Antichi. Ai giorni nostri, ormai ogni città ha la sua manifestzione. Ma venti-trent'anni fa non era così scontato.
La Pallavicini, passando in rassegna velocemente gli anni Duemila, osserva che tra i vivaisti e gli "specialisti del verde" attualmente la delusione è generalizzata. Vuoi la crisi economica attuale, vuoi un certo insuccesso del vivaismo di eccellenza, invocato da molti ma praticato da pochi, in tanti non sono soddisfatti dei risultati ottenuti a fronte dei propri sforzi di coltivazione e selezione di piante di qualità. Fondamentalmente, il giardinaggio praticato dagli Italiani è ancora dozzinale e dilettantesco, improvvisato, e se professionale spesso è esercitato con sufficienza e senza accurati studi.
Negli ultimi quindici anni, in ambito viviaistico si sono distinti Adriana Balzi e il marito con Rose rifiorentissime, specializzato in rose moderne; è nata la manifestazione Murabilia, organizzata dalla stessa Pallavicini.
Cosa prevedono gli scenari futuri? I giardinieri, sulla scorta della lezione di Gilles Clément, dovranno diventare "planetari", professionisti colti e consapevoli dei risvolti ad ampio raggio che la cura dell'ambiente ha oggi giorno. Parola d'ordine sarà "sostenibilità", e attenzione per la flora spontanea dei propri luoghi. Se un tempo i "cacciatori di piante" viaggiavano per il mondo spostandosi di continente in continente, oggi i nuovi esperti botanici devono riscoprire le terre vicine, la vegetazione locale nella sua evoluzione naturale e per influenza dell'arrivo di specie aliene. La prossima frontiera sarà un vivaismo più ponderato, responsabile, che non mira solo a proporre agli acquirenti piante curiose o di bell'aspetto, ma soprattutto piante "testate", adatte davvero ai giardini e ai climi cui sono destinate, sia per fattori climatici sia nel rispetto del risparmio idrico.
Nessun commento:
Posta un commento
A causa di troppi messaggi spam, ho dovuto impedire i commenti di anonimi.