venerdì 3 maggio 2013

Dal luppolo al bicchiere al piatto


Il luppolo (Humulus lupulus) è in genere conosciuto come la pianta con cui "si fa la birra". In realtà, non il luppolo in sè, ma i fiori del luppolo vengono utilizzati per aromatizzare tale bevanda, conferendole il caratteristico sapore amarognolo.
Non tutti sanno che la birra è una bibita di origine molto antica, che da sempre si ottiene attraverso un procedimento di fermentazione alcolica di ingredienti totalmente naturali: il malto d'orzo, ricavato dai cereali, dopo un procedimento di essiccazione, tostatura e macinazione, viene mescolato all'acqua; il mosto che si forma viene aromatizzato col luppolo, fatto fermentare con lieviti e lasciato stagionare fino alla filtrazione e all'imbottigliamento finali. La cosa interessante è che il luppolo non solo conferisce sapore alla birra, ma ha anche funzione antibatterica e di conservante naturale della stessa.
Questa è la stagione giusta per proporvi un paio di piatti da cucinare a base della "versione selvatica" del luppolo, facilmente reperibile in natura senza spendere un soldo, e da accompagnare a un buon sorso di birra. Luppolo nel bicchiere e luppolo nel piatto!


Il luppolo selvatico si trova comunemente in natura, soprattutto nel nord e centro Italia, di solito lungo i fossi, o ai margini dei terreni coltivati. In questi giorni se ne possono andare a raccogliere i rametti giovani, gli apici vegetativi che si stanno formando col risveglio della pianta, e che poi, in estate, produrranno i fiori. Sono commestibili, e per un brevissimo lasso di tempo all'anno, a fine aprile-primi di maggio, si possono usare in cucina per piatti dal sapore delicato, finchè hanno una consistenza tenera. Volendo, se si ha un pezzetto di terra libero, si può coltivare questa pianta rampicante per farne una pergola, considerando però che può raggiungere un'altezza di 8 metri e che cresce ad una velocità straordinaria (la più veloce della Terra: 10 cm al giorno!).
Le giovani estremità del luppolo selvatico prendono un nome diverso a seconda della località in cui ci si trova. Nel Veneto sono celebri come bruscànsi, o bruscàndoli. Nel mantovano sono chiamati roertìssi, o rovertìssi. In questo post utilizzerò il termine di bruscansi per distinguere i vertici del luppolo usato in cucina dalla pianta del luppolo.
Per procurarvi i bruscansi da cucinare dovete avventurarvi lungo qualche fiume, o presso qualche piccolo corso d'acqua, in campagna, in mezzo ai campi, sincerandovi di trovarvi in un posto dove i contadini non abbiano distribuito i diserbanti. La raccolta non è semplicissima, perchè spesso il luppolo selvatico si mescola ai cespugli di rovo, si arrampica su scarpate un po' impervie, copre i dislivelli tra un campo e l'altro mescolandosi alle robinie e ad altre piante spinose. Per cui, valutate voi se è il caso di munirsi di stivali e protezioni adeguate per gli occhi...


Gli apici non devono ancora essere aperti, cioè devono avere le foglie piccole e avvolte su se stesse. Li vedrete attorcigliarsi fra di loro, in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi per sostenersi.


Portate con voi un sacchetto o un cestino in cui riporre i bruscansi trovati. Per staccarli, vi basteranno le dita e una leggera pressione dell'unghia. State attenti perchè i rametti sporcano i vestiti e la pelle. In caso usate un guanto.


Cogliete dei rametti lunghi max 15-20 cm. Dovranno essere teneri sotto la pressione dell'unghia, altrimenti, se percepite una resistenza un po' legnosa, dovete staccarli da più in alto, o lasciare stare quell'estremità.


Raccogliete i bruscansi tenendoli ordinati, a mazzetti, tutti con l'apice nella stessa direzione. Quest'operazione vi tornerà utile per agevolarvi nella loro pulitura e cottura.
Dalla cucina di mio padre (che gentilmente ha posato col braccio nella foto precedente e mi ha fatto da "guida naturalistica" per questo post) ecco un paio di ricette, come vi avevo anticipato:

INSALATA DI BRUSCANSI

Ingredienti per un paio di persone:
un mazzetto di bruscansi freschi
sale
olio extravergine di oliva


Sciacquate sotto acqua corrente il mazzetto di bruscansi, poi inseriteli "a testa in su", come si fa con gli asparagi, in un pentolino.
Riempite di acqua il pentolino per 3/4, o comunque lasciando emergere le punte dei getti di tre-quattro centimetri, perchè non cuociano in acqua ma si scaldino col vapore. Salate. Coprite il pentolino con un coperchio e mettete a bollire per qualche minuto.
Scolate e condite con un filo di olio extravergine di oliva.


Un'insalatina da consumare sia calda che fredda.
Quando servite la birra, ricordate che per degustarla al meglio è importante che nel bicchiere formi un paio di centimetri di schiuma (che nelle mie foto ha fatto in tempo a dissolversi...). La si ottiene versando la birra lentamente nel bicchiere leggermente inclinato; riempito di tre quarti, rialzatelo e versate velocemente. La birra deve essere fresca da frigo e il bicchiere in vetro e bagnato (per avere una schiuma più compatta).

Se preferite un primo:

RISOTTO AI BRUSCANSI
Ingredienti per due persone:
riso Vialone nano
un mazzetto di bruscansi
cipolla, olio, sale e una noce di burro per il soffritto
brodo vegetale
a scelta, un bicchiere di vino bianco


In un pentolino, sminuzzate i bruscansi, lasciando intatte le punte dei rametti. Queste potrete usarle alla fine per decorare il piatto.
Preparate il soffritto di cipolla e unite i bruscansi sminuzzati.
In una pentola a parte, mantecate il riso. Potete aggiungere il bicchiere di vino bianco da far evaporare per dargli più sapore. Se però pensate di abbinare il piatto alla birra, potete saltare questo passaggio (l'aggiunta di vino).
Unite al riso mantecato il soffritto di bruscansi. Un mestolo alla volta, aggiungete il brodo vegetale bollente fino a che il riso non avrà raggiunto la cottura che desiderate.
Servire decorando con le punte dei bruscansi, se all'inizio le avete conservate a parte.


Raccolto e... mangiato!

***

Agli appassionati della birra (il che prescinde dall'essere appassionati dell'alcol...) segnalo che l'associazione Assobirra quest'anno sarà presente alla manifestazione Orticola 2013 (Milano, giardini pubblici Indro Montanelli) con la "Pergola del luppolo", uno spazio relax dove verranno distribuiti gli opuscoli "Birra e Orto" (5 menù ecocompatibili creati per l'occasione da Lisa Casali, nota chef e foodblogger) e dove i visitatori potranno reperire informazioni sulla storia della birra, sulla sua produzione e sui segreti per servirla.

6 commenti:

  1. Non conoscevo per nulla il luppolo; i miei genitori sono pugliesi venuti nel nord, in città, da giovani e da loro non ne ho mai sentito parlare. Molto interessante quanto ci hai raccontato nel post; chissà se riuscirò a riconoscere una pianta di luppolo, forse è più riconoscibile nel periodo della fioritura.

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    1. Prova a cercarlo, e magari poi ci dici come lo chiamano in Piemonte!

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    2. Lo chiamiamo "Luvertin", lo si raccoglie solo ad inizio stagione e si cucina saltato in padella col burro o a pezzetti nella frittata
      Sarà che con mia mamma andavamo sempre a cercarlo, ma lo trovo molto più riconoscibile in fase iniziale che a sviluppo completo.

      In questo periodo la natura ci offre tantissime erbe spontanee fantastiche in cucina! Come i germogli di silene (da noi chiamati "Cuijet) ottimi sbollentati, saltati al butto e addensati con una salsina di uovo e limone.

      Oppure i "barbabuc" che sarebbe poi la Scorzobianca, che ha un sapore che ricorda quello degli asparagi ed è buonissimo lessato e saltato in padella con una spolverata di formaggio fatto sciogliere.

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    3. Grazie Nik, a me queste curiosità locali mi affascinano moltissimo.

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  2. Qui si trovano al limitar del bosco.....provero` a raccoglierli!
    fra

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